Archivio mensile:Dicembre 2017

Falsa la notizia

L’esterofilia linguistica, che in molti paesi si dovrebbe chiamare più correttamente anglofilia, è una brutta malattia che affligge da sempre il sistema dei mass media ufficiali e non solo. Internet ha peggiorato le cose imponendosi come il principale luogo di creazione, crescita e diffusione di termini, modi di dire e veri e propri tormentoni. Nessuno può completamente sfuggire a questo fato e quest’anno probabilmente si sentirà parlare di “fake news” anche tra i banchi dei mercatini di Natale. Il Papa ha cominciato per tempo [1].

Su questo palcoscenico poco interessante, dove i politici fanno a gara nell’accusarsi di essere i principali spacciatori seriali di “notizie false”, salta a volte fuori anche qualcosa di meno banale, come la pubblicazione di una presunta bozza di legge sulle “Norme generali in materia di Social Network e per il contrasto della diffusione su internet di contenuti illeciti e delle Fake News” [2].

Non abbiamo gli strumenti per capire se il documento pubblicato su Internet sia davvero una bozza di legge o un falso, il che lo renderebbe sicuramente più interessante, ma siamo convinti che una descrizione del suo contenuto possa essere di qualche utilità per molti.

Le prime cinque pagine della bozza sono dedicate, come sempre accade quando viene presentata una proposta di legge, ad una descrizione delle ragioni che ne stanno alla base. Dopo una prevedibile serie di banalità, dal “peso sempre più rilevante dei social network nella vita dei cittadini” all’importanza che hanno le “notizie false” nel “condizionare l’opinione pubblica di un Paese” si passa poi a tutt’altro, vale a dire all’uso che fanno dei social network le organizzazioni terroristiche, a fini di collegamento, propaganda e logistica. Lo scopo della legge proposta è duplice: “responsabilizzare i fornitori di servizi di social network sui contenuti veicolati attraverso le loro piattaforme” e “limitare fortemente la pubblicazione e la circolazione di contenuti che configurino delitti contro la persona (…) e delitti contro la Repubblica”. Questi obiettivi dovrebbero essere raggiunti costringendo i fornitori di cui sopra a controllare i contenuti pubblicati dai loro utenti.

I promotori della proposta dichiarano di rifarsi alla legge in vigore dal settembre 2017 in Germania e, infatti, fin dalle prime righe del testo la scopiazzatura è piuttosto evidente [3].

Il testo parte decisamente male in quanto, delimitando l’ambito di applicazione, definisce “social network” una “piattaforma internet che, a fini di lucro, consente agli utenti di condividere e scambiare qualsiasi tipo di contenuto con altri utenti o di renderlo accessibile al pubblico” (art.1) Mettendo in pratica sullo stesso piano un ambito privato con uno aperto a tutti. La confusione di chi ha redatto il test mostra chiaramente una scarsa dimestichezza riguardo al funzionamento della comunicazione tramite computer e la Rete in quanto arriva a precisare che sono escluse dall’applicazione della legge le “piattaforme elettroniche che gestiscono e forniscono servizi di comunicazione individuale” (art.1) dimenticandosi che anche i “social” forniscono appunto dei servizi “individuali” che diventano “collettivi” solo nel momento in cui vengono adoperati in questo modo. Sono anche, in base a non si capisce quale tipo di criterio, escluse dall’applicazione di alcuni articoli della legge le piattaforme che hanno “meno di un milione di utenti registrati sul territorio nazionale”, come se verificare una cosa del genere fosse semplicissimo, o come se abbia qualche tipo di validità legale, a livello internazionale.

La legge obbligherebbe i fornitori dei servizi destinatari della legge a creare una procedura facile e trasparente per la gestione dei “reclami relativi ai contenuti illeciti” che permetta agli utenti di segnalarli e al gestore di venirne a conoscenza. A questo punto il gestore dovrebbe rimuovere il contenuto “illecito” entro 24 ore oppure in un tempo più lungo se la decisione viene demandata a un “organismo di autoregolamentazione” ufficialmente riconosciuto o in presenza di accordi specifici con “le competenti autorità giudiziarie” (art.2). In pratica i gestori dovrebbero prendere, in alcuni casi, il posto dei giudici potendo decidere se rimuovere o nascondere qualcosa. I contenuti in questione andranno comunque conservati, sul territorio nazionale, per dieci settimane. Fare riferimento a un concetto come “territorio nazionale” riguardo alla conservazione di dati informatici innesca tutta una serie di problematiche che, probabilmente, chi ha scritto il testo ignora.

L’art.3 disciplina i fantomatici “organismi di autoregolamentazione” che dovrebbero aiutare i gestori delle piattaforme a decidere cosa fare delle segnalazioni ricevute, raccogliendo periodicamente informazioni alle quali sarebbe obbligatorio dare adeguata pubblicità (art.4).

La richiesta di rimozione di un contenuto “illecito” può essere fatta da chiunque, in alcuni casi anche dai maggiori di 14 anni (art.5) e i fornitori hanno dei tempi di risposta ai quali devono attenersi. Tutta questa procedura potrebbe attivarsi anche senza l’esistenza di un qualsiasi tipo di azione legale, cosa necessaria solo per quanto riguarda alcuni reati legati al terrorismo, per i quali deve essere il pubblico ministero a chiedere la rimozione (art.6).

Vengono infine elencate le sanzioni amministrative nelle quali incorrono coloro che non rispettano questa norma. Sono previste multe fino a 500 mila e fino a 5 milioni di euro, anche per infrazioni “non commesse sul territorio nazionale” (art.7). Anche in questo caso viene da sorridere pensando ai giudici che devono applicare una legge del genere ad un fornitore che ha sede in qualche amena isola del Pacifico meridionale. La bozza si conclude con l’art.8 che indica le tempistiche da seguire per alcuni degli obblighi previsti.

Come scritto all’inizio, non sappiamo se questa “bozza” di legge sia solo un desiderata del PD, come ipotizzano la maggior parte dei mezzi di comunicazione che ne hanno parlato [4], o un pesce d’aprile fatto con molto anticipo. Sicuramente è un provvedimento inutile, in quanto se qualcuno commette un reato pubblicando qualcosa su Internet già adesso viene perseguito in base alle norme vigenti. Quello che si capisce davvero poco è cosa c’entri una proposta del genere con le cosiddette “fake news”.

Mettere insieme scherzi pesanti, “bufale”, pseudo scienza, complottismo, disinformazione e iniziative a scopo di lucro etichettando tutto come “notizie false”, oltre a essere uno sbaglio dal punto di vista concettuale è solo un comodo sistema per aumentare il controllo e la repressione in un settore, quello della comunicazione, che già non gode di buona salute.

Probabilmente qualcuno crede che la verità sia un concetto filosofico troppo complicato da definire mentre il falso è più facilmente individuabile come tale. Di solito è davvero così ma a volte il confine tra vero e falso è talmente sottile e sfuggente che non sarà una legge, questa o qualsiasi altra, a trovarlo. Del resto i tentativi fatti per automatizzare l’individuazione dei contenuti “illeciti” fatta dai colossi dell’informazione su Internet si è prevedibilmente rivelata – almeno fino a questo momento – un fallimento totale. Un argomento buono per le chiacchiere inconcludenti dei politici e le mistificazioni dei mezzi di comunicazione ufficiali, tutti schierati dalla stessa parte, la loro.

Per quanto ci riguarda sappiamo che gli Stati, i Governi, le Chiese e il sistema di comunicazione ufficiale sono, da sempre, i principali creatori e diffusori di notizie false e, in attesa dell’attacco dei cosacchi a colpi di “fake news” previsto in occasione delle prossime elezioni politiche italiane, ci alleniamo alla difesa [5].

Riferimenti

[1] http://time.com/4963060/pope-francis-fake-news-communications/

[2] Il testo, al quale faremo riferimento, è stato pubblicato dal quotidiano “il Foglio” ed era reperibile alla data del 30/11/2017 a questo link http://www.ilfoglio.it/politica/2017/11/27/news/il-pd-dichiara-guerra-alle-fake-news-ecco-il-testo-della-legge-165752/

[3] Non conosciamo il tedesco, per cui rimandiamo a uno degli articoli apparsi sull’argomento https://www.technologylawdispatch.com/2017/10/social-mobile-analytics-cloud-smac/germanys-new-hate-speech-act-in-force-what-social-network-providers-need-to-do-now/

[4] Per esempio “La Stampa” http://www.lastampa.it/2017/11/26/italia/politica/pd-pronta-una-legge-anti-fake-news-ciWhL5lPyAo8pxV2q4xw9L/pagina.html e il settimanale “Panorama” https://www.panorama.it/news/politica/fake-news-cosa-prevede-il-disegno-di-legge-del-pd/

[5] http://factitious.augamestudio.com/#/