Vaffaday 2. Al supermarket del grillo

Una esperienza abbastanza comune è quella di andare in un supermercato per comprare solo quanto elencato nella lista della spesa e uscirne poi con il carrello pieno, anche di cose che non ci servono realmente. Le iniziative portate avanti negli ultimi mesi da Beppe Grillo ricordano, per certi versi, questo genere di esperienza: chiunque segua i suoi show può trovarci dentro qualcosa di interessante, salvo poi scoprire di aver “comprato” anche altre cose.

Dopo l’incoraggiante successo del primo, il 25 aprile scorso, si è tenuto il secondo “Vaffa-day”, dedicato all’informazione. L’obiettivo di fondo era la richiesta di firmare per tre referendum volti ad abrogare l’ordine dei giornalisti, il finanziamento pubblico all’editoria e la legge sulle frequenze televisive. Alla base di questa iniziativa c’è la constatazione, fin troppo evidente, che in Italia esiste un vero e proprio “regime mediatico” che taglia sistematicamente fuori dall’accesso ai mezzi di comunicazione chiunque non sia legato ai partiti o ai potentati economici.

Peccato che questo stato di cose non si risolverà con dei referendum, sia perché come la storia ha ampiamente dimostrato i risultati di tali consultazioni sono spesso aggirate (vedi il finanziamento pubblico dei partiti) sia perché gli obiettivi, se pure mediaticamente rilevanti non sono così determinanti.

Abolire l’ordine dei giornalisti non contribuirà a migliorare la qualità dell’informazione, visto che anche nei paesi dove l’ordine non esiste i problemi dei mass-media sono molto simili a quelli italiani. Eliminare il finanziamento pubblico per l’editoria non cambierà di una virgola la situazione di chi prova a fare informazione indipendente, che continuerebbe ad essere oppresso da mille altre norme liberticide. Spostare una tv sul satellite non cambierebbe il fatto che non esiste, all’interno delle normativa sulle telecomunicazioni, uno spazio per chi volesse creare una tv non commerciale.

In altre parole, se pure i referendum venissero indetti e vinti, questo non comporterebbe un miglioramento del sistema informativo italiano. Eppure le iniziative di Grillo continuano a raccogliere consensi e lo si è visto con le piazze piene di persone pronte ad una firma che, a quanto pare, non è valida dal punto di vista legale.

Questo successo non dovrebbe sorprendere, il “popolo” di Grillo sembra essere composto da quegli strati sociali che negli ultimi 20 anni hanno dato vita a movimenti simili, come la cosiddetta “società civile”, “il popolo dei fax” o i “girotondini”. Gruppi trasversali ai partiti tradizionali, che per un po’ di tempo hanno anche avuto accesso alla ribalta mediatico, anche se le contraddizioni interne e la debolezza delle proposte li hanno poi portati ad una silenziosa estinzione. In questo caso il fenomeno potrebbe avere una durata ed un successo maggiore proprio grazie all’effetto supermercato: sul palco di Torino si sono alternati durante lo show un po’ tutti, dai Comitati “No Dal Molin” e “No TAV” agli operai impegnati contro le morti bianche, dai magistrati d’assalto, alle vittime della violenza di Stato, dagli assessori “virtuosi”, ai cantanti famosi. Tutti insieme a portare le loro proposte anche contraddittorie, ma che hanno dato al pubblico la possibilità di scegliere quella che più gli interessa. Salvo portarsi “a casa” anche le invettive contro l’indulto, contro l’invasione dei rom romeni, contro la “casta” o il paragone improponibile tra i partigiani che hanno combattuto contro i nazi-fascisti e i “nuovi partigiani” della democrazia telematica.

Uno dei tratti di novità, che viene continuamente sottolineato, è l’uso massiccio di Internet. Ma proprio in questo campo vengono fuori grosse perplessità. Il “blog” di Grillo è uno strumento di comunicazione utilizzato in modo molto simile ai media tradizionali. Un mezzo di comunicazione unidirezionale che vede da una parte una produzione di informazione centralizzata e dall’altra dei fruitori più o meno passivi della stessa. Un “sistema” piramidale, come nella migliore tradizione gerarchica, che prevede al di sotto del vertice carismatico altri luoghi virtuali, i vari “meetup” che si occupano principalmente di divulgare ed amplificare il messaggio che proviene dall’alto. Il sistema funziona grazie alla capillarità di Internet, ma è sicuramente diverso rispetto alla produzione di informazione indipendente, quella nella quale le persone rivendicano, con i fatti, il proprio diritto a comunicare, senza dipendere dai “consigli” che arrivano da un blog, dall’organizer di un “meetup” o da un palco. Paradigmatico il fatto che il sito web che trasmetteva in diretta il comizio-spettacolo di Torino, interrompeva la diretta dal palco esclusivamente quando comparivano gli “ospiti”, riprendendola poi immediatamente non appena rientrava Grillo.

Portare l’attenzione delle persone sui problemi dell’informazione è sicuramente un bene. Anche se non evidenziare l’esistenza di mezzi di informazione indipendenti (e non ci riferiamo solo a questo giornale) fa venire il sospetto che dietro il gran polverone ci sia anche un po’ di cattiva informazione.

Pepsy

[Pubblicato su “Umanità Nova”, n.16 del 04/05/2008]