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Propaganda anti-anarchica

Due sono le cose che infestano la comunicazione elettronica in Rete: le foto dei gattini e i “meme” a questi va aggiunta, in tempi di guerra, la comunicazione delle parti in causa nel confitto che, in ogni caso, è sempre propaganda di guerra.

Se sui gattini non c’è bisogno di spendere molte altre parole cosa siano i “meme” forse va spiegato ai pochi che ancora non lo sanno. In generale viene definito “meme” un qualcosa che si diffonde da persona a persona all’interno di un determinato ambito, per cui in alcuni casi la diffusione può essere ristretta ad una piccola cerchia di persone e in altri allargata a dismisura.

Su Internet i “meme” hanno – di solito – la forma di immagini (foto, filmati o disegni) che nella maggior parte dei casi sono riprese da qualcosa di pre-esistente mentre in altri sono create ex-novo. A queste immagini vengono a volte aggiunti testi che dovrebbero dargli uno specifico significato. Molto spesso un “meme” originale viene modificato, magari più e più volte, facendogli assumere anche significati diversi da quello iniziale.

Quelli che oggi sono conosciuti come “meme” non sono una invenzione originale, basti ricordare i “ready-made” dei surrealisti che sono vecchi più di un secolo o in tempi relativamente più recenti, i “detournement” dei situazionisti. In entrambi i casi i personal computer e la Rete non esistevano e quindi forse l’unica differenza sta nella veloce ed enorme diffusione che oggi ha questo tipo di comunicazione. Proprio per quest’ultima ragione non sorprende che la propaganda di guerra la utilizzi ampiamente.

Tra i tanti “meme” che circolano da quando l’esercito russo ha invaso l’Ucraina, ne abbiamo incontrato uno dedicato esplicitamente agli anarchici. Si tratta, in questo caso, di una immagine pre-esistente; i programmi che cercano su Internet le immagini simili fanno risalire la sua prima apparizione almeno al 2017.

L’originale è composto da 4 vignette, senza parole, che raccontano una storia caratterizzata da quello che si potrebbe definire “umorismo nero”, ovvero il tentativo di far ridere raccontando storie che affrontano argomenti seri.

Nella prima vignetta c’è una mano aperta che emerge dall’acqua, nella seconda si vede una seconda mano che si avvicina alla prima, nella terza la mano che si stava avvicinando “batte il cinque” con quella che emerge dall’acqua e nella vignetta finale compaiono solo le dita della mano immersa nell’acqua.

Non c’è bisogno di un dottorato in semiologia per comprenderne il significato: davanti a una persona in pericolo (probabilmente sta affogando) invece che salvarla (afferrandole la mano) si preferisce un gesto inutile (“battere il cinque”) e questo causa la morte della persona.
Fa ridere? Non fa ridere? Ognuno decida per conto proprio perché, in questo contesto, non interessa il “meme” originale ma una sua versione modificata che sta circolando da qualche tempo anche su siti in lingua italiana.

L’immagine originale è stata modificata apponendo delle scritte in inglese: nella prima vignetta sulla mano che emerge dall’acqua c’è scritto “UKRAINIAN ANARCHIST” (anarchici ucraini), nella seconda sulla mano che si avvicina c’è scritto “WESTERN ANARCHISTS” (anarchici occidentali), nella terza sulle mani che “battono il cinque” c’è la scritta “NOT WAR BUT CLASS WAR COMRADE LOL” (no guerra ma guerra di classe compagno LOL), sulla vignetta conclusiva non compaiono scritte. Forse conviene ricordare che “LOL” è un acronimo usato da sempre su Internet che significa “laughing out loud” (ridendo a crepapelle).

Anche in questo caso il significato del “meme” è alquanto chiaro. Si tratta di una accusa, molto pesante, agli “anarchici occidentali” che, davanti alla tragedia della guerra in Ucraina, si limiterebbero a riproporre uno slogan (“no guerra ma guerra di classe”) causando la morte degli “anarchici ucraini”.

Anche se piacerebbe saperlo, nessuno ha firmato questo “meme” ma chiunque sia stat* ha realizzato qualcosa che si può definire come “propaganda anti-anarchica” e questo perché NON esiste una posizione comune di tutti gli anarchici  e tantomeno di quelli “occidentali” a proposito della guerra in Ucraina. Ci sono infatti, all’interno del movimento anarchico, posizioni che sono più vicine a quelle degli “anarchici ucraini” e posizioni che sono più lontane dalle scelte che hanno fatto. Basta un minimo di onestà intellettuale e la lettura di quello che è stato pubblicato sui siti anarchici negli ultimi tre mesi per verificarlo.

Chi ha creato il “meme” in questione ha invece esplicitamente mosso una accusa collettiva, una accusa rivolta a tutto il movimento anarchico o almeno a quello definito “occidentale”. E quindi si tratta di “propaganda anti-anarchica”, qualsiasi fossero le intenzioni di chi ha creato il “meme”. A meno di credersi depositari* unic* dell’idea anarchica o della “giusta linea” da seguire e questo sarebbe anche peggio.

Si tratta, con ogni evidenza, oltre che di “propaganda anti-anarchica” anche di propaganda di guerra, una comunicazione che si caratterizza sempre per la sua “binarietà”: con noi o contro di noi, amici-nemici, alleati-avversari, buoni-cattivi, ecc… e che viene da sempre utilizzata ampiamente da tutte le parti coinvolte in un conflitto armato.

L’immagine non viene pubblicata in quanto, proprio perché si tratta di “propaganda anti-anarchica”, sarebbe un controsenso aumentarne la visibilità.

Conversioni pericolose

Fino a questo momento, al tempo del C-19, quello sotto è il cartello che preferisco; suppongo sia diffuso anche in altre città e qui fa bella mostra nella vetrina di un bar in centro:

Conversioni sbagliate

Il cartello è interessante, oltre che leggermente ridicolo, e fa venire in mente alcune pigre riflessioni:

1. che anche ai tempi di Internet le persone non sanno convertire una unità di misura in un’altra, 6 piedi (“feet”) equivalgono a circa 1,8288 metri;

2. che le misure di sicurezza prese durante la pandemia non avevano/hanno sempre delle solide basi scientifiche;

3. che noi italiani ci vogliamo più bene degli statunitensi;

4. che qualcuno potrebbe pensare che in quel bar bisogna tenere una distanza interpersonale diversa a seconda della nazionalità di appartenenza;

5. che il cartello non è proprio il massimo, sia dal punto di vista dell’utilità che della comunicazione;

6. mi fa notare Nicolas Laney (via mastodon) che si potrebbe anche vederci una divisione di genere, ma solo se le persone sono vestite in modo tradizionale.

Il rumore del tempo di lavoro

Dalle pagine di una rivista degli anni ’70, di quelle non con una grande diffusione, un articolo sull’interminabile problema degli omicidi sui posti di lavoro. Sono passati quasi 50 anni ma nessuno leggerà mai il suo testo a un concerto del Primo Maggio.

da “L’erba voglio” (1976)

da “L’erba voglio” (1976)

da “L’erba voglio” (1976)