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Il 5 novembre è passato

Il 5 novembre è passato da poco ma è ancora on-line un articolo pubblicato sul sito web di un noto quotidiano italiano a proposito dell’ultima incursione di LulzSecITA.

Dopo un riassunto di quello che sarebbe successo l’autore dell’articolo, del quale non facciamo il nome perché Natale è vicino e siamo tutti più buoni, riesce a mettere in fila due svarioni in cinque righe.

parte finale di un articoloDimostrando, ancora una volta, quanto male faccia Internet alla stampa.

 

 

“Se non posso pubblicare gif di gattini non è il mio social”

Su “il manifesto” del 23/10/2019 sono stati pubblicati, sotto l’etichetta “SocialnetWar”, 5 pezzi sul tema “social”. Di seguito delle micro recensioni al volo, con tutto quello che ne consegue.

Attenzione spoiler ;-)

1. “Chi vuole oscurare le pagine pro-curdi” (G. Merli)
Un breve riassunto della censura operata nelle ultime settimane da FB nei riguardi di pagine e account dedicati o che hanno pubblicato cose relative alla questione curda. Viene citata di passaggio la discreta confusione esistente sulla presenza (almeno fino al 2018) del PKK nell’elenco europeo delle organizzazioni terroristiche e alla fine il pezzo si colora di un banale complottismo.

2. “Un altro modello c’è e si chiama «Fediverso” (Collettivo Bida)
Una presentazione del progetto e del perché può essere una valida alternativa ai “social di stato”. Dopo averlo letto meglio andare e vedere di persona :-)

3. “Internet, mon amour, per sottrarci alla nostra condizione di ingranaggi della MegaMacchina” (circex.org)
Presentazione del “Centro Internazionale di Ricerca per la Convivialità Elettrica”.

4. “La conversione di Facebook al sovranismo digitale” (B. Vecchi)
Ho qualche dubbio sul fatto che quanto accade in Siria e dintorni abbia qualche influenza sulla “intera” (sic!) policy di FB. Mentre invece sono convinto che una impresa commerciale della grandezza di FB debba necessariamente adattarsi, se vuole continuare a generare profitti, alle politiche locali. Questo, secondo Vecchi, è ciò che implicitamente si muove dietro l’oscuramento temporaneo di pagine Facebook dall’inizio delle ostilità militari di Erdogan contro i curdi.” L’apparente contraddizione tra il mio dubbio e la mia convinzione viene risolta dalla considerazione che – allo stato attuale – un colosso economico come FB può ancora tranquillamente agire al di sopra delle leggi degli stati e anche del senso del ridicolo (come quando vengono oscurati quadri famosi) in quanto è uno strumento completamente sotto il controllo dei suoi proprietari e deve rendere conto solo ai propri azionisti dei risultati di bilancio. Per cui non deve necessariamente essere coerente nemmeno con la sua policy.

Il quinto pezzo “La tecnica da sola è inadeguata se non è preceduta dalla politica” (M. Liberatore, Gruppo Ippolita) è quello che secondo me ha bisogno di un commento un po’ più lungo.

Nell’articolo viene correttamente preso in giro chi protesta per la censura di FB ma allo stesso tempo viene portata una critica contro i “social alternativi” e “Mastodon” in particolare che però manca spesso il bersaglio.

Per esempio quando viene scritto che “alcune istanze sono popolate dai nazisti dell’Illinois”, come se un qualsiasi strumento della comunicazione in genere e quindi anche della Rete possa essere immune da una possibilità del genere. Più che una critica o un inutile truismo questa affermazione potrebbe sembrare una – sottile – denigrazione.

La “Comunicazione Mediata da Computer”, sebbene abbia delle caratteristiche sue peculiari non è esente da tutti i pregi e i difetti della comunicazione interpersonale e di massa. Gli strumenti di comunicazione ci servono per entrare in contatto con una persona, con un gruppo specifico di persone, con un numero indeterminato di persone. Usiamo questi strumenti per ragioni di lavoro, per divertimento, per informarci, per fare propaganda, per fare informazione, per creare-mantenere-sviluppare rapporti interpersonali. Alcuni strumenti di comunicazione sono più o meno adatti a ognuno di questi compiti e FB e “Mastodon” non costituiscono certo una eccezione a queste banali regole generali. Li differenziano però tanti piccoli particolari, ne ricordiamo solo uno: il primo è nato per generare profitti e il secondo no.

Chi ha lanciato la prima istanza di movimento in lingua italiana di “Mastodon” ha espresso con chiarezza il suo pensiero anche in modo abbastanza diretto, come in questa parte:

Cosa vogliamo nel nostro social network

  • Poter accedere a notizie nel modo più anonimizzato possibile.
  • Poter avere un aggregatore, in cui ricercare facilmente le notizie che ci interessano.
  • Poter controllare facilmente i nostri contenuti e distruggerli con un semplice click.
  • Poterci esprimere senza il timore che altri li cancellino senza averci prima almeno interpellate.
  • Poter parlare e dialogare con gli/le admins del server su cui postiamo i nostri contenuti.
  • Poter generare kaos, avere tantissime identita’ diverse.
  • Poterci trovare in una comunità con cui dialogare anche dal vivo e non solo attraverso un computer.

e mi sembra abbastanza chiaro, leggendo anche gli altri documenti disponibili, che chi gestisce l’istanza mastodon.bida.im ha tenuto in debito conto i limiti dello strumento.

Non esiste un automatismo che porti nelle strade le persone che interagiscono su “Mastodon”, ma questo ovviamente vale per qualsiasi strumento di CMC, vale a dire anche per quelli che invece vengono considerati positivamente (ma solo perché hanno un funzionamento ridotto all’essenziale) come lapunta.org e gancio.cisti.org

Nessuna può credere che da un “social” nasca una rivoluzione. Sarebbe un po’ come credere che, una volta eliminati i gattini e il porno, poi tutto andrà per il verso giusto.

Non ho più voglia di scrivere, magari poi.

 

Mi si è bruciato il neurone

Leggo il titolo. Mi interessa.

dal sito webNell’articolo non ci sono link al manuale. Mi salta agli occhi una frase, un po’ abusata ma sempre valida:

il collaboratore di Repubblica ci ricorda che ‘quando non paghi qualcosa il prodotto sei tu'”.

Sono d’accordo con l’affermazione e quindi provo a cercare questo manuale (quello pubblicizzato) da scaricare, gratis.

Il primo tentativo mi indirizza al sito dell’autore, dove trovo lo stesso articolo di prima e ancora nessun link al manuale (sempre quello di prima). Una vera disdetta!

Al secondo atterro sul sito dell’editore, leggo e c’è qualcosa che non mi torna, perché il suddetto, benedetto, manualetto (sempre lo stesso) lo vendono a 20 euri:scheda manuale

Il motore di ricerca si deve essere sbagliato.

Al terzo tentativo finisco su una pagina dove, finalmente trovo conferma che il manualetto (si, sempre quello di cui sopra) è gratis e ci sono anche le istruzioni per scaricarlo. Evviva!

Ma scopro che per entrare gratuitamente in possesso dell’agognato manuale (esattamente lo stesso di prima) dovrei fotografare un codice QR e inviarlo con “Whatsapp” a un account “business” (WOW!) che poi mi manderà il link per scaricarlo.

Noto anche che il banner in fondo alla pagina mi avverte che su quel sito usano cookie di profilazione di terze parti (urgh!). Mi chiedo cosa ci sia scritto a questo proposito sull’ormai mitico manuale e sono sempre più ansioso di leggerlo.

Che fare?

Per fortuna scorgo una farse che sembra promettere bene: oppure puoi scaricare il libro all’indirizzo” ci clicco sopra speranzoso e mi compare una roba del genere:

come scaricare un manualeA sinistra ci sono le stesse istruzioni della pagina dalla quale provengo, evidentemente hanno capito che ho solo un neurone. A destra, finalmente, la sospirata alternativa che consiste in un form da riempire con i miei dati.

I miei dati?

Per scaricare un manuale sulla difesa dai predatori dei dati personali devo fornire dati personali?

Il mio unico neurone va in loop, si surriscalda e dopo qualche secondo si brucia.
Adesso ormai sono troppo stupido per questo genere di cose e mi farò spedire il manuale (si, si, proprio quello) da Aldo B.

Nota Bene
La ricerca del manuale (si, si, sempre quello, il solito) è avvenuta tra il 13 e il 14 ottobre del 2019.

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