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Era il settantasette (22)

E’ più che ovvio che, all’interno di una “cronologia
universale” seppure edita in Italia, al 1977 non possano
essere riservate che poche righe. Ma se si pensa che, fra
qualche secolo, di tutto quell’anno potrebbero restare solo quelle…:

“1977 Ondata di proteste studentesche in particolare a Roma, Bologna e
Padova. Vi si inseriscono massicciamente gli
«autonomi», nuovi gruppi di estrema
sinistra che danno vita a forme di «guerriglia
urbana». Dilaga il terrorismo di sinistra con omicidi e
ferimenti di esponenti politici, magistrati e giornalisti.”
(Atlante
storico Garzanti, pag.591).

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Era il settantasette (21)

Un bel modo di rileggere il ’77 è quello che si
può leggere qui di seguito, pubblicato sul n.23 di
“Umanità Nova” di quest’anno.

L’allievo del Migliore. Giuliano Ferrara, il ’77 e la violenza soreliana

Io a Bologna sto con
Cofferati perché nel 1977 stavo con il sindaco Renato
Zangheri contro Toni Negri, Gilles Deleuze e Félix Guattari
che volevano legalizzare l’anarchia, perché
all’Università di Roma nel marzo del 1977 stavo con Luciano
Lama e contro le P38 che lo buttarono fuori senza tanti complimenti. (Giuliano Ferrara)

L’invadente Ferrara, figlio del senatore del Pci Maurizio Ferrara (per
molto tempo segretario particolare di Palmiro Togliatti), è
stato molte cose: da dirigente del Pci torinese – sino all’83 – a
sedicente agente della Cia, da europarlamentare craxiano del Psi a
consigliere berlusconiano su posizioni sempre più vicine
alla politica teocon di Bush… eppure, nonostante tale disinvolto
quanto opportunistico carosello politico, è sempre rimasto
un nemico giurato sia di ogni movimento antagonista che di qualsiasi
ipotesi rivoluzionaria.
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Era il settantasette (20)

Tra le più recenti opere narrative ambientate negli anni ’70
c’è il libro di Bruno Arpaia, “Il passato davanti a noi”
(2006), la cui trama si dipana lungo tutto il decennio. Un capitolo
è dedicato al 1977 anche se, rispetto a quelli precedenti,
forse è il più noioso, quello meno sentito,
quello più “copiato” dalla cronaca e meno “raccontato” dai
protagonisti, come se proprio in quell’anno si sia verificato il
distacco tra il fare ed il raccontare. Nel complesso il testo
è una interessante lettura per chi allora era in fasce
o non era ancora nato, e forse un catalogo di nostalgia per chi non
fatica a riconoscere nomi, luoghi ed avvenimenti nascosti dietro i
trucchi dello scrittore, che chiarisce di non aver scritto una
autobiografia ma una biografia generazionale.
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