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Fissazioni motivate o meno

Chi non va non vede, chi non prova non crede

Gli strumenti della CMC [1] sono, gira che ti rigira, gli stessi da sempre. Possono cambiare nome, migliorare il proprio aspetto grafico, aggiungere sempre nuove funzionalità (raramente utili) e godere di più o meno brevi momenti di gloria per poi finire nel dimenticatoio. Questi strumenti hanno però tutti una cosa in comune: sono inadatti, a livelli diversi, alle discussioni. Per discussioni intendo quegli scambi verbali (e non) che avvengono tra le persone che vogliono confrontare le loro opinioni su qualche argomento. All’interno della pletora degli strumenti della CMC ce ne sono chiaramente di più adatti e di meno adatti alle discussioni ma, alla fine, nessuno è veramente e completamente adatto. Bisogna farsene una ragione.

Il principale motivo, che risiede solo in parte nel funzionamento degli strumenti della CMC, è che non è umanamente possibile discutere quando i partecipanti alla discussione sono più di un certo numero [2]. Come del resto avviene, da sempre, anche nella vita reale. Un secondo, ma altrettanto importante, motivo è che ad usare gli strumenti della CMC sono degli esseri umani, anche se a volta viene qualche dubbio, e cioè persone che hanno idiosincrasie, caratteri e personalità non sempre adatti o compatibili con le regole che si dovrebbero seguire in una discussione fatta attraverso la CMC [3]. Per fortuna o sfortuna non tutte le persone sono educate, dedite all’ascetismo o rigide osservanti delle regole della netiquette.

Frame da una serie TV con un uomo e una donna non giovani la donna dice: "Millennials. Get a job".La CMC è invece molto più adatta per diffondere informazioni a prescindere dalla loro utilità e/o dalla loro veridicità. Per informazioni intendo avvisi, notizie, segnalazioni e altri contenuti di interesse collettivo. La CMC è ancora più utile per autopromozione personale, quella nella quale anche se si fa finta di discutere con le persone in realtà si persegue principalmente lo scopo di promuovere la propria persona ai fini di una scalata sociale o delle merci che si vendono.

In quest’ultimo caso le cose funzionano molto meglio. Anche una singola persona può produrre un flusso di comunicazione che potenzialmente può raggiungere chiunque e ha l’enorme vantaggio di non dover necessariamente discutere e quindi confrontarsi con altre persone. E qui non credo che ci sia bisogno di fare esempi.

In alcuni casi, in passato, ci sono stati gruppi di persone che hanno direttamente prodotto e/o facilitato la diffusione di flussi di comunicazione destinati alla collettività [4] ma anche queste non sono riuscite comunque a superare l’ostacolo delle discussioni tra le persone.

A questo punto cala, sulle persone sensibili, una certa tristezza in quanto sarebbe davvero cosa buona e giusta poter usare alcuni [5] strumenti della CMC per discutere. Perché discutere è bello, utile e produce (in alcuni casi) un arricchimento personale e collettivo. Purtroppo non sempre si tiene in dovuto conto una delle tante cose importanti riguardo alla CMC, ovvero che provare a smentire quello che è stato scritto qui sopra è fin troppo facile in quanto ci sono molti strumenti che possono essere usati per creare un ambiente (virtuale) dove discutere. Spesso anche gratis o con spese sostenibili.

Come ricorda il titolo in cima: “Chi non va non vede, chi non prova non crede”.

Pepsy
(Stuzzicato nottetempo da una serie di “toot” su mastodon.bida.im)

 

NOTE

[1] COM, Comunicazione Mediata da Computer.

[2] In alcuni casi il “piccolo numero” si riduce a 3-4 persone, in altri possono essere anche di più ma a mia memoria ricordo solo rare eccezioni a questa regola e si trattava, sempre, di setting particolari.

[3] Qui il discorso si allungherebbe ulteriormente e quindi lo evito di proposito.

[4] Cito “Indymedia” perché conosco l’agomento.

[5] Solo alcuni, atri andrebbero evitati come la scabbia.

 

Scritte sul muro

Se non ricordo proprio male, in un’altra epoca, su un numero di una strana rivista – della quale consiglio la lettura – che si chiamava “Ca Balà”, comparve un breve articolo nel quale si davano suggerimenti su come modificare le scritte fasciste fatte sui muri. Per cui il disegno di un’ascia bipenne sotto alla quale c’era la sigla O.N. (“Ordine Nuovo”) poteva essere trasformato con poco sforzo in NONNO e l’ascia diventare la faccia di un vecchio.

L’altro giorno mi è venuto in mente quel vecchio articolo imbattendomi in questa immagine.

scritta sul muroA giudicare dal cambiamento di colore e dal tipo diverso di grafia sembra proprio che alla scritta “PALESTINA LIBERA” sia stata aggiunta successivamente la scritta “DA HAMAS” con la lettera “s” finale rappresentata da una svastica.
Ho pensato che, forse, chi ha fatto questa modifica non deve essere contro il diritto della popolazione palestinese a essere libera, in caso contrario avrebbe semplicemente cancellato la scritta iniziale, ma ha preferito aggiungere che questa libertà deve prevedere la sparizione di Hamas, considerata (vista la svastica) una organizzazione nazista e quindi il male assoluto per definizione.

Inutile ricordare che quella di lanciarsi accuse del genere è ormai una sorta di sport da adolescenti fuori tempo massimo e riguarda non solo quello che accade in Palestina ma anche in Ucraina e chiunque segua un minimo queste due vicende ne dovrebbe essere perfettamente cosciente.

Se, in linea di principio, si potrebbe concordare che sarebbe meglio che Hamas sparisse dalla Palestina nella realtà, quella concreta e non quella degli slogan, questo obiettivo è esattamente quello che viene portato avanti (almeno secondo la propaganda) dall’Esercito Israeliano per conto del suo Governo. Peccato che per raggiungere questo (inutile) obiettivo vengano uccise quotidianamente anche persone che non hanno nulla a che fare con Hamas: tra le 10 e le 20 persone per ogni militante eliminato a meno che non si tratti di ammazzare qualcuno più in alto nella gerarchia militare, caso nel quale le persone che vengono uccise possono essere anche di più.

Mi sono chiesto se chi ha fatto quell’aggiunta alla scritta abbia riflettuto sul fatto che con quella modifica ha giustificato il massacro di una popolazione e se questo non sia in contraddizione con il fatto che ha lasciato la scritta “PALESTINA LIBERA”. O magari mi sbaglio e a quella persona della libertà della Palestina importa davvero poco per cui l’importante è eliminare Hamas e quindi, per come sta andando avanti, rischiare di sterminare l’intera popolzione palestinese. Oppure, più banalmente, è una persona che non ha gli strumenti per provare a comprendere quello che sta accadendo a Gaza.

scritta sul muro modificata

Se avessi avuto con me un pennarello abbastanza grande mi sarebbe piaciuto, ricordando quel vecchio numero di “Ca Balà” citato all’inizio, fare anch’io una ulteriore aggiunta senza cancellare quanto già stato scritto. Cosa che provo a fare, digitalmente, qui sotto.

Spero non ci sia bisogno di spiegazioni.

Al peggio…

Visto che l’ho taggato come ossessione ci ritorno sopra; prima di leggere quello che segue consiglio di leggere quello che lo precede.

Se ci capissi qualcosa di musica definirei “Il Conte di Montecristo” un vero e proprio “standard” sul quale si sono cimentati in molti e con risultati alquanto diversi. In questo caso scrivo alcune osservazioni sulla serie tv, terminata questa settimana e ancora disponibile su “Raiplay”.

L’ho già scritto ma lo faccio di nuovo perché lo ritengo importante: il romanzo in questione è bello lungo, una delle ultime versioni italiane conta circa 1500 pagine, è anche un racconto abbastanza intricato con decine di personaggi ognuno dei quali ha un proprio ruolo, più o meno importante, nell’economia globale della storia. Mi rendo quindi benissimo conto che il compito di ridurre quella mole di pagine in meno di 8 ore di video non sia certo facile e non sarebbe un lavoro che sarei in grado di fare.

Premetto anche che non mi disturba eccessivamente quando, trasponendo un romanzo dalla scrittura a un altro mezzo (un fumetto, un film, una serie tv, un musical), gli sceneggiatori apportano delle modifiche alla trama originale. A questo aggiungo anche che non resto sconvolto nemmeno quando i cambiamenti fatti stravolgono tutto o quasi tutto, talvolta il risultato mi sembra apprezzabile ma altre volte decisamente meno o molto meno.

Nel caso in questione la serie mi sembra abbia alcuni elementi che la rendono tra le peggiori trasposizioni del libro di Dumas. Non mi riferisco alla quantità e qualità delle modifiche fatte alla trama e non mi sembra nemmeno il caso di farne un elenco completo. Ma, a mio modesto avviso alcune di queste hanno rovinato un prodotto che – almeno visivamente – era accettabile e che poteva risultare migliore.

Temo che molte delle modifiche fatte siano state dettate da motivazioni che hanno poco a che vedere con la necessità di sintetizzare una storia lunga e molto più a che vedere con le idee degli sceneggiatori o con le pretese della produzione. Di seguito ne citerò, in ordine sparso, solo alcune.

Il momento che più mi ha disturbato è stato quando Edmond lancia dalla sua carrozza il contenitore metallico che contiene la droga che usa durante tutta la storia per gestire l’ansia. Una sostanza liquida che non viene mai identificata o nominata. Nella storia originale in un paio di occasioni si capisce che il Conte fa uso di Hashish, la sostanza nell’economia della vicenda ha una scarsissima importanza (per non dire nessuna) ma serve evidentemente ad aggiungere un tocco di “fascino orientale” al protagonista. Nella versione televisiva a dieci minuti dalla fine il Conte getta via dalla carrozza la sostanza e questo fa sospettare qualcosa a proposito delle intenzioni degli sceneggiatori riguardo alle cose che hanno scelto di lasciare, di aggiungere o di modificare.

Per restare, in parte, in argomento ci sono stati dei cambiamenti in molti personaggi che fanno di contorno al Conte. Quello più evidente e anche quello del quale non sono riuscito a capire una giustificazione è stato che Haydée, che nel libro è di origine greca, nella trasposizione diventa algerina (sic!). Il personaggio viene comunque massacrato, viene cancellata la storia d’amore con il Conte e persino la sua capacità di prendere decisioni autonome, per arrivare poi all’insulto finale.

Continuando sulla falsariga, il personaggio del nubiano muto di nome Alì, viene sostituito da un servo italiano muto. E, ancora una volta non si capisce la ragione per questa sostituzione in quanto si tratta di un personaggi tra quelli più sacrificabili. Capisco che far comparire uno schiavo muto possa sembrare qualcosa di politicamene scorretto ma, e il discorso vale in generale, credo che se si voglia trasmettere anche una atmosfera oltre che solo una trama così come i personaggi vengono rivestiti con abiti d’epoca e le scenografie adeguate si debba anche completare l’ambientazione.

Una eccezione, che però conferma la regola, viene riservata ai due personaggi femminili la cui omosessualità descritta da Dumas con il pudore necessario nell’800, tenendo presente che la storia è stata pubblicata a puntate su un giornale, viene mostrata con un bacio. Oggi, salvo che per alcune persone, non ci sono molti problemi a mostrare in video donne che si scambiano tenerezze.

Altra modifica più che sospetta: a un personaggio che ha anche una discreta importanza nell’originale viene cambiato il nome e chi non ha letto o non ricorda il libro non sa che il suo nome originale è “Benedetto”, un nome comune per gli orfani ma forse ritenuto oggi poco consono alle sue cattive azioni. Certe volte si esagera davvero.

Lo sviluppo della storia è stato dilatato all’inizio, diciamo la prima metà, e compresso nella seconda. Alcune cose sono state fatte sparire perché avrebbero causato dei problemi per alcuni personaggi che avevano subito dei cambiamenti di ruolo, come il bandido Vampa, altri perché non funzionali all’insulto finale. E, puntuale come l’influenza stagionale, la fine della serie ha stravolto completamente il finale del libro.

Inutile entrare nei dettagli, non lo meritano, mi basta dire che non è certo la prima volta che avviene una offesa del genere, l’anno scorso una riduzione del “Conte di Montecristo” in due puntate aveva fatto lo stesso e anche in passato in qualche film gli sceneggiatori avevano deciso che il finale originale non andava bene.

Il mio inutile giudizio complessivo sulla serie è negativo.

Per cui, al momento, ritengo che il vecchissimo sceneggiato televisivo in bianco e nero trasmesso dalla RAI nel 1966 sia ancora tra le trasposizioni più oneste che ho visto e, per fortuna, è disponibile a gratis on-line. Ma persino la parodia musicale fatta sempre in quegli anni nella “Biblioteca di Studio Uno” che dura circa un’ora è più simpatica, per la sua visione però consiglio la presenza di una persona che abbia almeno 60 anni e una discreta conoscenza della musica italiana d’epoca.

A dimostrazione che si può fare di meglio, anche riscrivendo pesantemente la storia, si veda ammesso che la RAI lo dissequestri, “Il Conto Montecristo” (1997), dove Edmond viene infamato con l’accusa di essere un fiancheggiatore delle “Brigate Rosse” e viene rinchiuso nel carcere speciale dell’Asinara e il brigante Vampa diventa il capo di una banda di sequestratori sardi e avido lettore dei classici del Marxismo-Leninismo. La miniserie di sei episodi di circa un’ora ognuno è una visione consigliata a un pubblico diverso da quello che di solito guarda la televisione e che ha il rispetto che merita il libro di Dumas.

 

PS Quanto sopra potrebbe, in seguito, subire modifiche che saranno opportunamente segnalate.