Archivi categoria: Stampati

articoli pubblicati da qualche parte su carta

Incubi che diventano realtà

Immaginate che una persona riceva una lettera anonima, una contenente delle minacce, magari scritta usando le lettere ritagliate dai giornali. Immaginate che questa cosa si ripeta una, due, tre e più volte. Immaginate che la persona alla fine vada alla polizia e chieda aiuto. Immaginate che la polizia si rechi all’ufficio centrale di smistamento della posta e lo chiuda, in quanto le lettere anonime sono passate proprio da quell’ufficio, impedendo di conseguenza anche la consegna di tutta l’altra corrispondenza in transito. Adesso svegliatevi, perché questa storia non è frutto della vostra immaginazione ma la realtà.
Lo scorso 18 aprile, agenti del F.B.I. hanno staccato la spina e portato via il server di “ECN” (European Counter Network), il più vecchio “provider” di movimento in Europa, il primo che in Italia ha fornito liste di discussione e spazio per pubblicare pagine web a centinaia di attivisti e gruppi, compreso il sito web creato per questo giornale (http://www.ecn.org/uenne), dove sono ancora archiviati undici anni di articoli. Il computer sequestrato era ospitato a New York all’interno di uno spazio condiviso da “Riseup” (https://riseup.net) e “May First/People Link” (https://mayfirst.org/) due gruppi che gestiscono strumenti informatici messi a disposizione delle iniziative di base.
Non è la prima volta che “ECN” si trova nel mirino della repressione, in passato ha già subito denunce e processi a causa di materiali ospitati sul suo server ma è sempre riuscita, nonostante tutto, a continuare la sua attività.
La scusa usata dal F.B.I. per il sequestro del server è che questo avrebbe veicolato, attraverso il suo servizio di “anonymous remailer”, dei messaggi di posta elettronica indirizzati all’Università di Pittsburgh contenenti minacce dinamitarde.
Sembra infatti che, a partire dal 13 febbraio, siano arrivate a quella Università continue minacce sia via e-mail che su fogli manoscritti che hanno causato l’evacuazione forzata di diversi locali e l’intervento della polizia alla ricerca di esplosivi, mai trovati. Si tratterebbe di più di un centinaio di casi nei quali si è dovuto provvedere allo sgombero di aule, biblioteche, dormitori e laboratori, uno stillicidio di falsi allarmi che ha messo in crisi il funzionamento dell’ateneo. Sul sito dell’Università (http://www.pitt.edu/campus-safety.html) c’è una pagina intera con notizie riguardanti la situazione che si è venuta a creare e le contromisure adottate, vi si può leggere dell’arresto di un sospetto e dell’offerta di una taglia di 50 mila dollari per chiunque fornisca informazioni che portino alla cattura dei responsabili. Nell’ambito delle indagini è stato anche sequestrato il computer di una coppia di persone, una delle quali espulsa lo scorso anno dall’Università di Pittsburgh-Johnstown, che si sono dichiarate estranee ai fatti.
In tutto questo i messaggi arrivati passando dal server di “ECN” sarebbero stati solo tre e il giorno dopo il sequestro del server sono arrivate almeno altre sei e-mail minatorie. Questa la cronaca.
Da un punto di vista più tecnico, ricordiamo che tutti i messaggi di posta elettronica contengono, anche se non in modo immediatamente visibile, una serie di informazioni che possono far risalire – con maggiore o minore facilità – al computer dal quale sono partiti. Sottolineiamo “dal computer” in quanto, almeno per il momento, non è mai possibile essere sicuri (al 100%) riguardo l’autore di un messaggio.
Gli “anonymous remailer” sono dei servizi esistenti da molti anni su Internet, in pratica sono dei programmi che ricevono un e-mail e lo “ripuliscono” da tutte quelle informazioni che potrebbero far individuare il mittente e quindi lo inoltrano al destinatario finale. Usando questi programmi in catena, ovvero facendo passare il messaggio attraverso diversi “remailer”, diventa molto difficile per il destinatario del messaggio risalire a chi lo ha inviato. Questo tipo di servizi è stato uno dei primi a disposizione di tutti coloro che avevano necessità di aggirare la censura dei governi e/o fornire informazioni senza esporsi alla repressione. Proprio per difendere il diritto alla comunicazione, di solito, i server sui quali funzionano questi programmi non mantengono “log”, ovvero tracce informatiche della loro attività. Nello specifico, il server di “ECN” ha anche i dati crittografati, ovvero registrati in modo non leggibile. Per questo si comprende che l’azione di sequestro del F.B.I. è più che altro un modo plateale di mostrare la sua utilità e che difficilmente attraverso questo genere di azioni riusciranno a scoprire il colpevole delle minacce.
Al momento in cui scriviamo non si può prevedere come si evolverà la situazione, anche se siamo sicuri che “ECN” farà di tutto per rimettere al più presto on-line il suo storico server. Sappiamo bene invece quanto sia importante sostenere coloro che forniscono strumenti liberi di comunicazione e solidarizzare con loro quando vengono colpiti dalla repressione.

Cinema. L’uomo che fissa le capre

Ci sono film che, fin dal trailer, sono facilmente prevedibili e “L’uomo che fissa le capre” (2009, regia di Grant Heslov) è uno di questi. Ci vuole davvero poco a indovinarne la trama: un giornalista che scopre per caso la storia di un reparto segreto dell’esercito statunitense che si allena per usare poteri paranormali in guerra. E la recensione potrebbe anche finire a questo punto. Solo che, nei 90 minuti di una leggera commedia hollywoodiana, ci sono alcune cose interessanti che vale la pena di segnalare.
Una caratteristica fondante della cultura statunitense è la passione/ossessione per i complotti, ampiamente sfruttata sia dalla cultura mainstream che da quella alternativa. E nel film si vede come anche un movimento, apparentemente innocuo, tipo quello della “new age” si possa facilmente trasformare in uno strumento bellico. O come il pacifico mantra “sesso, droga & rock and roll” venga riciclato in un training per super-soldati, condito da tutti i luoghi comuni più reazionari, come la storia di una incauta assunzione di LSD che conduce al suicidio.
Il film mostra anche l’evoluzione di un settore come quello di alcune tecniche di guerra non convenzionale: il passaggio dagli esperimenti sulle percezioni extrasensoriali, all’uso delle nuove tecnologie alle armi cosiddette “non letali”. Anche se l’esistenza di servizi militari dedicati alla “guerra psicologica” non è certo un mistero o una novità, sebbene sullo schermo vengono presentati come un gruppo di burloni dedito a giocare ancora oggi con i messaggi subliminali come negli anni ‘50.
Il film prende spunto da un libro, uscito nel 2004, nel quale viene tracciata l’evoluzione delle attività segrete dell’esercito statunitense a partire dagli anni ‘70 e di come esse siano collegate alla attuale “guerra al terrorismo”. Nel testo si tratta sia delle tecniche psicologiche usate per interrogare i prigionieri iracheni che del ruolo avuto dall’esercito nel suicidio della setta “Heaven’s Gate” (1997). Il tutto prendendo spunto da una storia vera, quella di un tenente colonnello americano che, dopo l’esperienza nella guerra in Vietnam, aveva proposto la costituzione di un battaglione speciale basato sui principi della “new age”.
Ed è proprio questa miscela tra vero e inverosimile, tipico della propaganda di guerra e del complottismo, che descrive meglio il film. Un insieme di informazioni, di storie, di collegamenti a fatti reali (il rapimento Dozier) o inventati (i cavalieri Jedi), nei quali è facile perdersi, basti vedere la quantità di materiali presenti su Internet su questo specifico argomento. Una mistura che potrebbe rendere più digeribili eserciti e guerre, e trasformare i manipolatori dell’informazione in simpatici “sballati”. E forse non è un caso che il protagonista del film si chiama Lyn Cassady, nome che ricorda Neal Cassady uno dei mitici “Merry Pranksters”, eroi della psichedelia on-the-road degli anni ‘60.
E guarda caso il nome dato alla speciale unità paranormale è “First Earth Battalion” (nel film è stato cambiato in “New Earth Army”) che rimanda direttamente a “Earth First”, il più noto dei gruppi ecologisti radicali attivi negli USA e considerati dalle autorità dei pericolosi terroristi.

Pepsy

[da “Umanità Nova” n.41 del 22/11/09]

Vaffaday 2. Al supermarket del grillo

Una esperienza abbastanza comune è quella di andare in un supermercato per comprare solo quanto elencato nella lista della spesa e uscirne poi con il carrello pieno, anche di cose che non ci servono realmente. Le iniziative portate avanti negli ultimi mesi da Beppe Grillo ricordano, per certi versi, questo genere di esperienza: chiunque segua i suoi show può trovarci dentro qualcosa di interessante, salvo poi scoprire di aver “comprato” anche altre cose.

Dopo l’incoraggiante successo del primo, il 25 aprile scorso, si è tenuto il secondo “Vaffa-day”, dedicato all’informazione. L’obiettivo di fondo era la richiesta di firmare per tre referendum volti ad abrogare l’ordine dei giornalisti, il finanziamento pubblico all’editoria e la legge sulle frequenze televisive. Alla base di questa iniziativa c’è la constatazione, fin troppo evidente, che in Italia esiste un vero e proprio “regime mediatico” che taglia sistematicamente fuori dall’accesso ai mezzi di comunicazione chiunque non sia legato ai partiti o ai potentati economici.

Peccato che questo stato di cose non si risolverà con dei referendum, sia perché come la storia ha ampiamente dimostrato i risultati di tali consultazioni sono spesso aggirate (vedi il finanziamento pubblico dei partiti) sia perché gli obiettivi, se pure mediaticamente rilevanti non sono così determinanti.

Abolire l’ordine dei giornalisti non contribuirà a migliorare la qualità dell’informazione, visto che anche nei paesi dove l’ordine non esiste i problemi dei mass-media sono molto simili a quelli italiani. Eliminare il finanziamento pubblico per l’editoria non cambierà di una virgola la situazione di chi prova a fare informazione indipendente, che continuerebbe ad essere oppresso da mille altre norme liberticide. Spostare una tv sul satellite non cambierebbe il fatto che non esiste, all’interno delle normativa sulle telecomunicazioni, uno spazio per chi volesse creare una tv non commerciale.

In altre parole, se pure i referendum venissero indetti e vinti, questo non comporterebbe un miglioramento del sistema informativo italiano. Eppure le iniziative di Grillo continuano a raccogliere consensi e lo si è visto con le piazze piene di persone pronte ad una firma che, a quanto pare, non è valida dal punto di vista legale.

Questo successo non dovrebbe sorprendere, il “popolo” di Grillo sembra essere composto da quegli strati sociali che negli ultimi 20 anni hanno dato vita a movimenti simili, come la cosiddetta “società civile”, “il popolo dei fax” o i “girotondini”. Gruppi trasversali ai partiti tradizionali, che per un po’ di tempo hanno anche avuto accesso alla ribalta mediatico, anche se le contraddizioni interne e la debolezza delle proposte li hanno poi portati ad una silenziosa estinzione. In questo caso il fenomeno potrebbe avere una durata ed un successo maggiore proprio grazie all’effetto supermercato: sul palco di Torino si sono alternati durante lo show un po’ tutti, dai Comitati “No Dal Molin” e “No TAV” agli operai impegnati contro le morti bianche, dai magistrati d’assalto, alle vittime della violenza di Stato, dagli assessori “virtuosi”, ai cantanti famosi. Tutti insieme a portare le loro proposte anche contraddittorie, ma che hanno dato al pubblico la possibilità di scegliere quella che più gli interessa. Salvo portarsi “a casa” anche le invettive contro l’indulto, contro l’invasione dei rom romeni, contro la “casta” o il paragone improponibile tra i partigiani che hanno combattuto contro i nazi-fascisti e i “nuovi partigiani” della democrazia telematica.

Uno dei tratti di novità, che viene continuamente sottolineato, è l’uso massiccio di Internet. Ma proprio in questo campo vengono fuori grosse perplessità. Il “blog” di Grillo è uno strumento di comunicazione utilizzato in modo molto simile ai media tradizionali. Un mezzo di comunicazione unidirezionale che vede da una parte una produzione di informazione centralizzata e dall’altra dei fruitori più o meno passivi della stessa. Un “sistema” piramidale, come nella migliore tradizione gerarchica, che prevede al di sotto del vertice carismatico altri luoghi virtuali, i vari “meetup” che si occupano principalmente di divulgare ed amplificare il messaggio che proviene dall’alto. Il sistema funziona grazie alla capillarità di Internet, ma è sicuramente diverso rispetto alla produzione di informazione indipendente, quella nella quale le persone rivendicano, con i fatti, il proprio diritto a comunicare, senza dipendere dai “consigli” che arrivano da un blog, dall’organizer di un “meetup” o da un palco. Paradigmatico il fatto che il sito web che trasmetteva in diretta il comizio-spettacolo di Torino, interrompeva la diretta dal palco esclusivamente quando comparivano gli “ospiti”, riprendendola poi immediatamente non appena rientrava Grillo.

Portare l’attenzione delle persone sui problemi dell’informazione è sicuramente un bene. Anche se non evidenziare l’esistenza di mezzi di informazione indipendenti (e non ci riferiamo solo a questo giornale) fa venire il sospetto che dietro il gran polverone ci sia anche un po’ di cattiva informazione.

Pepsy

[Pubblicato su “Umanità Nova”, n.16 del 04/05/2008]