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Il nemico marcia, sempre, alla tua testa

Il M5S alla prova dei fatti

Dopo le ultime elezioni, la frase più abusata è stata: “L’Italia è ingovernabile”, come se la penisola fosse in preda a chissà quale rivolta, mentre i problemi invece riguardavano piuttosto la composizione del Parlamento uscita dalle urne. Visti i risultati, la situazione è sembrata subito bloccata e nonostante la fantasia degli addetti ai lavori si sia sbizzarrita con le ipotesi, non si vede ancora all’orizzonte un governo possibile. Sulla ragione di questo stallo sono però tutti concordi: la vittoria del “Movimento 5 Stelle” (M5S) e il crollo elettorale di PD e PDL.

All’inizio lo sport principale è stato quello di spiegare il successo del M5S e di indovinare quali sarebbero state le sue prossime mosse. Gli imperturbabili istituti di ricerca e sondaggi hanno scoperto l’acqua calda, ovvero che i voti presi dal M5S provengono da ex elettori degli altri partiti, cosa già più che evidente, visto che l’astensionismo è aumentato. Del resto, fin dalla sua prima comparsa, era chiara la natura principale di questo “movimento”, vale a dire quella di essere una sorta di “supermarket” nel quale chiunque può trovare qualcosa di suo interesse, tanto è vero che lo hanno votato un po’ tutti, dai se-dicenti anarchici che esistono solo sui “social network” ai fascisti del terzo millennio. Un risultato non certo improvviso, visto che gli “Amici di Beppe Grillo” sono nati nel 2005 e si sono presentati alle prime elezioni locali già nel 2008, anche se il M5S è stato fondato solo nel 2009. Come già era accaduto nel 1992 per la “Lega Nord”, questa forza politica ha intercettato una parte di elettorato delusa dagli altri partiti ma, soprattutto, ha raccolto i frutti di tutta quella campagna mediatica che dal 2007 ha individuato nella “casta”, anzi nelle “caste”, l’origine di tutti i mali passati e presenti. Come se il sistema capitalista fosse una piccola variabile di scarsa importanza e tutti i problemi esistenti siano causati dagli alti stipendi dei parlamentari. A tutto questo va aggiunta anche la debolezza (qualcuno le ha definite “macerie”) dei movimenti sociali che negli ultimi anni pure si sono timidamente affacciati alla ribalta e che hanno, magari “turandosi il naso”, portato acqua al mulino del M5S.

Una base elettorale come quella descritta sopra è, per la sua stessa composizione, alquanto fragile e l’esame di realtà che aspetta i suoi eletti in Parlamento avrà una fortissima influenza su essa in quanto potrebbe farla crescere ulteriormente oppure ridimensionarla, anche in modo consistente. Tutto dipenderà da una serie di fattori al momento imprevedibili: dalla data nella quale si terranno le prossime elezioni, da quello che accadrà fino a quel momento e da cosa avranno combinato nel frattempo gli eletti del M5S.

Ci sono alcune tattiche che, in questa prima fase, hanno caratterizzato questo “movimento”, principalmente nei confronti dei mezzi di comunicazione. In primo luogo la scelta di concedere pochissimo spazio ai media ufficiali italiani verso i quali è stata dichiarata una vera e propria guerra. Visto anche che i rapporti del leader del M5S con tv e giornali sono stati sempre molto conflittuali tanto è vero che, tra le prime iniziative politiche del “movimento” c’è stata una pseudo raccolta di firme per indire un referendum per l’abolizione dell’ordine dei giornalisti. Sentimento di antipatia ricambiato in pieno, visto l’accanimento con il quale è partita la caccia a qualsiasi notizia in grado di mettere in cattiva luce gli eletti e/o il loro leader. Resta il fatto che le accuse mosse al sistema mediatico non sono nuove e tanto meno originali, in quanto patrimonio di anni e anni di studi critici sui meccanismi di funzionamento dei mass-media all’interno dell’ordine capitalistico. Oltretutto da una parte sono rifiutati i contatti con quelli italiani e dall’altra si accettano, senza farsi troppi scrupoli, quelli con gli stranieri. Come se i difetti del “mediascape” fossero una prerogativa esclusiva italiana e non una caratteristica che accomuna questi mezzi a livello globale.

La seconda tattica, anche questa usata da tempo, è legata alla comunicazione elettronica. Il M5S è nato e si è sviluppato inizialmente intorno al blog di Grillo e su una piattaforma informatica adottata dalla nascita dei “meet-up”, che hanno costituito il nucleo di base del “movimento”. Peccato che venga scarsamente tenuto conto che l’uso di Internet non garantisce qualcosa a proposito dei rapporti di potere che si formano all’interno delle comunità virtuali e verso l’esterno. Per fare un solo esempio, il super visitato blog di Grillo chiede una registrazione preventiva a chi voglia inserire commenti e/o votare sondaggi. Nulla però è scritto, almeno non in modo chiaro, a proposito di chi decide e secondo quali criteri se un commento può comparire sul sito o meno. Questa situazione è la medesima di tanti altri siti ma caratterizza un certo “modo” di fare comunicazione/informazione. Un discorso simile vale per tutti gli altri ambiti di discussione telematici. Sebbene la tecnologia permette la partecipazione di tutti, questo non significa che automaticamente tutti partecipano. Sbandierare continuamente l’importanza rivoluzionaria della Rete, senza mai approfondirne realmente i meccanismi, può anche essere frutto di una scarsa conoscenza del funzionamento della comunicazione tramite computer ma, sicuramente, mostra quanto le persone sopravvalutano Internet ed i suoi strumenti. La semplice visita ad un forum ufficiale del M5S e la lettura dei messaggi pubblicati, dice più sul “movimento” di quanto fa un’intera analisi sociologica. Non sarà certo un blog o un tweet che distruggerà lo sfruttamento o la proprietà privata dei mezzi di produzione.

Qualcuno si potrebbe chiedere se il sistema parlamentare italiano è in grado di resistere alla presenza di una così nutrita pattuglia di “guastatori”. Non è certo la prima volta che le Camere accolgono l’arrivo di personaggi o gruppi considerati “non conformisti”, negli anni vi sono approdati (ex) extra-parlamentari “rivoluzionari” di origine marxista-leninista, almeno una notissima porno-star, bande di indipendentisti arrabbiati e via dicendo. In tutti i casi – salvo rarissime eccezioni – anche i più refrattari si sono, in qualche modo, adattati alle regole vigenti nel Palazzo. Anche se i nuovi arrivati sono intenzionati a mostrarsi “diversi”, una volta accettato di partecipare alla fiera elettorale difficilmente si può poi far finta che tutto sia come prima. Per cui anche il M5S dovrà fare i conti con le prossime importanti scadenze istituzionali, dalla formazione del governo all’elezione del Presidente della Repubblica. In tutti questi frangenti dovranno trovare una tattica che gli permetterà di conservare e magari di ampliare la base elettorale che da loro si aspetta – come sempre avviene in questi casi – più delle promesse fatte nei comunicati roboanti o nei comizi oceanici. Una necessità che può portare a scelte che poi si pagano.

I primi problemi si sono presentati subito con l’elezione dei Presidenti delle Camere, che hanno inizialmente visto il M5S mantenersi fermo sulle posizioni già ampiamente preannunciate, in quanto parte della loro strategia generale tesa ad evitare qualsiasi tipo di “connivenza” con i vecchi partiti. Ufficialmente si sono rifiutati di votare i candidati proposti dal PD, ma poi qualcuno ha cambiato idea al Senato, favorendo l’elezione di un presidente di “centro sinistra”.

Nel momento in cui scriviamo tutti danno per scontate nuove elezioni in tempi brevi. Volendo arrischiare una previsione, non particolarmente originale, riteniamo probabile che – in caso non si riesca subito a formare un governo – sarà lasciato ancora in sella il precedente esecutivo “tecnico” con l’incarico di gestire l’ordinaria amministrazione (come prevedono le norme) e procedere all’approvazione di una nuova legge elettorale. Questa soluzione andrebbe incontro agli interessi del PD che già ha i numeri per condizionare l’elezione del nuovo Capo dello Stato e del M5S che manterrebbe più facilmente la sua “integrità”, sperando che questa lo ripaghi alle prossime consultazioni. L’unica cosa ovvia è che il “movimento” non potrà portare avanti per sempre la tattica del rifiuto dell’inciucio con i partiti senza che si alzi, ogni volta, la posta in gioco.

Paradossalmente, ma nemmeno tanto, un sistema per spiazzare il M5S sarebbe quello di chiedere direttamente a Beppe Grillo di formare il nuovo Governo. Un suo rifiuto mostrerebbe le contraddizioni esistenti nel “movimento” e una accettazione sarebbe un vero e proprio suicidio politico in quanto il M5S non avrebbe certamente la capacità e le forze per gestire la situazione, il che andrebbe a tutto vantaggio degli altri partiti.

Nelle prossime settimane vedremo se avverrà, come alcuni hanno già predetto, una spaccatura all’interno di una forza politica così eterogenea, oppure se i “cittadini a 5 stelle” riusciranno a dare realmente del filo da torcere al ceto politico. In ogni modo vada a finire, il teatrino della politica ne ha guadagnato in novità, ma non è detto che questo sia necessariamente un bene per gli sfruttati.

Pepsy

[Pubblicato su “Umanità Nova”, n.12 del 31/03/2013]

Incubi che diventano realtà

Immaginate che una persona riceva una lettera anonima, una contenente delle minacce, magari scritta usando le lettere ritagliate dai giornali. Immaginate che questa cosa si ripeta una, due, tre e più volte. Immaginate che la persona alla fine vada alla polizia e chieda aiuto. Immaginate che la polizia si rechi all’ufficio centrale di smistamento della posta e lo chiuda, in quanto le lettere anonime sono passate proprio da quell’ufficio, impedendo di conseguenza anche la consegna di tutta l’altra corrispondenza in transito. Adesso svegliatevi, perché questa storia non è frutto della vostra immaginazione ma la realtà.
Lo scorso 18 aprile, agenti del F.B.I. hanno staccato la spina e portato via il server di “ECN” (European Counter Network), il più vecchio “provider” di movimento in Europa, il primo che in Italia ha fornito liste di discussione e spazio per pubblicare pagine web a centinaia di attivisti e gruppi, compreso il sito web creato per questo giornale (http://www.ecn.org/uenne), dove sono ancora archiviati undici anni di articoli. Il computer sequestrato era ospitato a New York all’interno di uno spazio condiviso da “Riseup” (https://riseup.net) e “May First/People Link” (https://mayfirst.org/) due gruppi che gestiscono strumenti informatici messi a disposizione delle iniziative di base.
Non è la prima volta che “ECN” si trova nel mirino della repressione, in passato ha già subito denunce e processi a causa di materiali ospitati sul suo server ma è sempre riuscita, nonostante tutto, a continuare la sua attività.
La scusa usata dal F.B.I. per il sequestro del server è che questo avrebbe veicolato, attraverso il suo servizio di “anonymous remailer”, dei messaggi di posta elettronica indirizzati all’Università di Pittsburgh contenenti minacce dinamitarde.
Sembra infatti che, a partire dal 13 febbraio, siano arrivate a quella Università continue minacce sia via e-mail che su fogli manoscritti che hanno causato l’evacuazione forzata di diversi locali e l’intervento della polizia alla ricerca di esplosivi, mai trovati. Si tratterebbe di più di un centinaio di casi nei quali si è dovuto provvedere allo sgombero di aule, biblioteche, dormitori e laboratori, uno stillicidio di falsi allarmi che ha messo in crisi il funzionamento dell’ateneo. Sul sito dell’Università (http://www.pitt.edu/campus-safety.html) c’è una pagina intera con notizie riguardanti la situazione che si è venuta a creare e le contromisure adottate, vi si può leggere dell’arresto di un sospetto e dell’offerta di una taglia di 50 mila dollari per chiunque fornisca informazioni che portino alla cattura dei responsabili. Nell’ambito delle indagini è stato anche sequestrato il computer di una coppia di persone, una delle quali espulsa lo scorso anno dall’Università di Pittsburgh-Johnstown, che si sono dichiarate estranee ai fatti.
In tutto questo i messaggi arrivati passando dal server di “ECN” sarebbero stati solo tre e il giorno dopo il sequestro del server sono arrivate almeno altre sei e-mail minatorie. Questa la cronaca.
Da un punto di vista più tecnico, ricordiamo che tutti i messaggi di posta elettronica contengono, anche se non in modo immediatamente visibile, una serie di informazioni che possono far risalire – con maggiore o minore facilità – al computer dal quale sono partiti. Sottolineiamo “dal computer” in quanto, almeno per il momento, non è mai possibile essere sicuri (al 100%) riguardo l’autore di un messaggio.
Gli “anonymous remailer” sono dei servizi esistenti da molti anni su Internet, in pratica sono dei programmi che ricevono un e-mail e lo “ripuliscono” da tutte quelle informazioni che potrebbero far individuare il mittente e quindi lo inoltrano al destinatario finale. Usando questi programmi in catena, ovvero facendo passare il messaggio attraverso diversi “remailer”, diventa molto difficile per il destinatario del messaggio risalire a chi lo ha inviato. Questo tipo di servizi è stato uno dei primi a disposizione di tutti coloro che avevano necessità di aggirare la censura dei governi e/o fornire informazioni senza esporsi alla repressione. Proprio per difendere il diritto alla comunicazione, di solito, i server sui quali funzionano questi programmi non mantengono “log”, ovvero tracce informatiche della loro attività. Nello specifico, il server di “ECN” ha anche i dati crittografati, ovvero registrati in modo non leggibile. Per questo si comprende che l’azione di sequestro del F.B.I. è più che altro un modo plateale di mostrare la sua utilità e che difficilmente attraverso questo genere di azioni riusciranno a scoprire il colpevole delle minacce.
Al momento in cui scriviamo non si può prevedere come si evolverà la situazione, anche se siamo sicuri che “ECN” farà di tutto per rimettere al più presto on-line il suo storico server. Sappiamo bene invece quanto sia importante sostenere coloro che forniscono strumenti liberi di comunicazione e solidarizzare con loro quando vengono colpiti dalla repressione.

Cinema. L’uomo che fissa le capre

Ci sono film che, fin dal trailer, sono facilmente prevedibili e “L’uomo che fissa le capre” (2009, regia di Grant Heslov) è uno di questi. Ci vuole davvero poco a indovinarne la trama: un giornalista che scopre per caso la storia di un reparto segreto dell’esercito statunitense che si allena per usare poteri paranormali in guerra. E la recensione potrebbe anche finire a questo punto. Solo che, nei 90 minuti di una leggera commedia hollywoodiana, ci sono alcune cose interessanti che vale la pena di segnalare.
Una caratteristica fondante della cultura statunitense è la passione/ossessione per i complotti, ampiamente sfruttata sia dalla cultura mainstream che da quella alternativa. E nel film si vede come anche un movimento, apparentemente innocuo, tipo quello della “new age” si possa facilmente trasformare in uno strumento bellico. O come il pacifico mantra “sesso, droga & rock and roll” venga riciclato in un training per super-soldati, condito da tutti i luoghi comuni più reazionari, come la storia di una incauta assunzione di LSD che conduce al suicidio.
Il film mostra anche l’evoluzione di un settore come quello di alcune tecniche di guerra non convenzionale: il passaggio dagli esperimenti sulle percezioni extrasensoriali, all’uso delle nuove tecnologie alle armi cosiddette “non letali”. Anche se l’esistenza di servizi militari dedicati alla “guerra psicologica” non è certo un mistero o una novità, sebbene sullo schermo vengono presentati come un gruppo di burloni dedito a giocare ancora oggi con i messaggi subliminali come negli anni ‘50.
Il film prende spunto da un libro, uscito nel 2004, nel quale viene tracciata l’evoluzione delle attività segrete dell’esercito statunitense a partire dagli anni ‘70 e di come esse siano collegate alla attuale “guerra al terrorismo”. Nel testo si tratta sia delle tecniche psicologiche usate per interrogare i prigionieri iracheni che del ruolo avuto dall’esercito nel suicidio della setta “Heaven’s Gate” (1997). Il tutto prendendo spunto da una storia vera, quella di un tenente colonnello americano che, dopo l’esperienza nella guerra in Vietnam, aveva proposto la costituzione di un battaglione speciale basato sui principi della “new age”.
Ed è proprio questa miscela tra vero e inverosimile, tipico della propaganda di guerra e del complottismo, che descrive meglio il film. Un insieme di informazioni, di storie, di collegamenti a fatti reali (il rapimento Dozier) o inventati (i cavalieri Jedi), nei quali è facile perdersi, basti vedere la quantità di materiali presenti su Internet su questo specifico argomento. Una mistura che potrebbe rendere più digeribili eserciti e guerre, e trasformare i manipolatori dell’informazione in simpatici “sballati”. E forse non è un caso che il protagonista del film si chiama Lyn Cassady, nome che ricorda Neal Cassady uno dei mitici “Merry Pranksters”, eroi della psichedelia on-the-road degli anni ‘60.
E guarda caso il nome dato alla speciale unità paranormale è “First Earth Battalion” (nel film è stato cambiato in “New Earth Army”) che rimanda direttamente a “Earth First”, il più noto dei gruppi ecologisti radicali attivi negli USA e considerati dalle autorità dei pericolosi terroristi.

Pepsy

[da “Umanità Nova” n.41 del 22/11/09]