La domanda è come faccia il M5S a resistere, ancora, allo stato apparentemente caotico del comportamento dei suoi parlamentari. Tra dimissioni, espulsioni e migrazioni sembra di assistere a un fuggi-fuggi da naufragio anche se meno affollato di quanto lo presentino i media ufficiali.
Forse l’unica risposta è che questa resistenza è strettamente connessa al patchwork ideologico che lo ha caratterizzato fin dalla nascita, un miscuglio di idee vecchie e nuove tenute insieme all’inizio da una figura carismatica alquanto anomala e successivamente, quando si è trattato di andare sul concreto, da una maggioranza di dilettanti allo sbaraglio facilmente controllabili da piccoli gruppi di interesse (interni ed esterni) più o meno nascosti.
Gli eletti del M5S siedono in parlamento dal 2013 e nelle elezioni del 2018 sono diventati il primo partito e parte maggioritaria di una coalizione governativa con la Lega. Anche se nelle elezioni amministrative e in quelle europee tenutesi successivamente il M5S ha ottenuto risultati quasi sempre inferiori, spesso di molti punti, rispetto a quelli nazionali.
Al momento della sua comparsa sulla scena della politica il M5S rappresentava sicuramente una incognita non facilmente risolvibile all’interno delle storiche categorie politiche italiane e poteva essere considerato, da un certo punto di vista, come un ulteriore elemento di instabilità in un sistema da tempo in precario equilibrio tra due schieramenti politici, ormai quasi completamente simili tra di loro. Il vantaggio del M5S rispetto ai “vecchi” partiti è stato quello di fornire, in modo platealmente evidente, uno sbocco istituzionale ai sempre più diffusi sentimenti anti-politici ed anti-partitici degli elettori. Bisogna dare atto al M5S che è riuscito a spacciare come moderna la tattica di una “rivoluzione dall’interno” che risale alla notte dei tempi della politica e addirittura forse ci sono persone ancora convinte che il M5S sia all’avanguardia delle tecnologie informatiche nonostante una semplice ricerca su Internet porterebbe alla luce tutti gli “infortuni digitali” (alcuni anche tragicomici) nei quali è incorso il movimento nei suoi oltre dieci anni di vita.
Nonostante le pretese di novità e di diversità, in questi anni il M5S ha brillato soprattutto per aver adottato nella gestione delle cose interne dei metodi che somigliano molto più a quella di un classico partito leninista piuttosto che a quello di un “movimento” nato dal basso. Dal sistema leaderistico su base elettronica alla pagliacciata del “mandato zero”, è stato un susseguirsi di svolte, aggiustamenti in corso d’opera, inversioni a U spericolati conditi da una serie di atti concreti che sono andati troppo spesso in direzione esattamente contraria a quelle che erano le basi fondanti, come dimostrato dalla penosa sceneggiata sul TAV.
Una delle ragioni della resistenza la si trova nella natura da “supermarket” del M5S, una ampia scelta ideologica all’interno della quale (quasi) chiunque può trovare qualcosa di suo interesse e nella sua base elettorale costituita principalmente da elettori delusi dagli altri partiti e in piccola parte anche da aree contigue ai movimenti sociali.
Ma, da quando ha vinto le elezioni, il M5S sembra che le stia sbagliando tutte.
Non avendo i numeri per governare da solo ha riprodotto il più classico dei “modus operandi” della politica, ovvero si è alleato con un partito numericamente molto più piccolo e reduce da sconquassi interni con pesanti ricadute giudiziarie. Facendo questo però ha alzato la posta in gioco. La scommessa di riuscire a mantenere tutte le promesse elettorali e la leggenda di un “movimento nato dal basso” si è rumorosamente infranta contro la dura realtà delle cose. Lo sdegnoso rifiuto di comparire sui mass-media ufficiali dei primi tempi si è trasformato in una alluvione di presenzialismo sia dei leader del M5S sia dei rappresentanti meno noti che hanno mostrato tutte le contraddizioni esistenti all’interno del “supermarket”. L’area mediatica dove il M5S ha tenuto è stata quella legata ai “social”, sostenuta da una consistente base di consenso di attivisti da tastiera, ma viziata in modo evidente da una visione della realtà del tutto fittizia, dove la diffusione di veri e propri tormentoni e di “bufale informatiche” ha sostituito quasi del tutto un qualsiasi tipo di ragionamento critico.
Il passaggio da un governo con la Lega a uno con il PD è stato sicuramente un punto di svolta non tanto per la politica italiana ma per l’intero M5S che difficilmente riuscirà a proporsi di nuovo come un movimento “anti-sistema”. Anche se le prossime scadenze elettorali sono a carattere locale, una ulteriore perdita di consensi per il M5S potrebbe rivelarsi un nuovo ostacolo e viene da sorridere pensando quanto l’esistenza di una forza politica nata con l’intento di ribaltare il vecchio sistema adesso dipenda dal numero di voti che riuscirà a prendere alle prossime elezioni.
Del resto un movimento politico fondato da un comico che sparisce nel ridicolo è un finale quasi affascinante.
Rassegnarsi alla stampa?
Ore 02:36 (GMT) interno notte, solstizio d’inverno, 10,6 gradi all’esterno, praticamente se non fosse notte e se non piovesse si potrebbe uscire in camicia. Anche no. Meglio tenersi informati, comodamente seduti, su quello che succede intorno sfruttando la potenza della Rete.
Si dice che il governo bicolore abbia ri-messo mano alle norme sulle intercettazioni, tema spinoso e secolare incalzato sempre di più negli ultimi anni dalla tecnologia. Sembra che abbiano affrontato anche la rogna dei cosiddetti “trojan”, una parolina breve perché scrivere “programmi installati a tua insaputa sul tuo cellulare allo scopo di spiarti” è troppo lungo. Vediamo di capire cosa hanno combinato, visto che il testo ufficiale del Decreto non è ancora disponibile.
Passiamo velocemente in rassegna, in ordine casuale, i siti web di alcuni noti quotidiani:
“Il Trojan
il Trojan, il software spia inserito a distanza nei cellulari, potrà essere usato per i delitti puniti oltre cinque anni e solo commessi dai pubblici ufficiali. Resta invariata la possibilità di utilizzarlo con le stesse regole che oggi valgono per le intercettazioni ambientali.”
Prima viene scritto che “il trojan” potrà essere usato per un certo tipo di delitti e solo se commessi da una particolare categoria di persone e poi che comunque potrà essere usato per tutto il resto seguendo le regole di una qualsiasi intercettazione ambientale.
“Il decreto disciplina inoltre in modo rigoroso l’uso del captatore elettronico, il cosiddetto Trojan: «la riforma Orlando – spiega ancora Giorgis – ha equiparato la disciplina dell’uso del trojan in luoghi pubblici a quella delle intercettazioni ambientali».”
“captatore elettronico” è decisamente una espressione molto più descrittiva rispetto al termine “trojan” che ha pure un suono decisamente volgare. Su questo articolo c’è un piccolo elemento in più, il governo avrebbe disciplinato “in modo rigoroso” l’uso dei programmi per spiare, anche se non viene detto in cosa consista questa disciplina rigorosa. Attendiamo ansiosi di leggere il Decreto. A saperlo prima non perdevamo tempo con la stampa.
“Con un decreto a parte il consiglio dei ministri ha rinviato a marzo l’entrata in vigore delle nuove regole sulle intercettazioni, cambiando però diverse cose. La più importante riguarda l’utilizzo del trojan, il virus spia che potrà essere utilizzato nei luoghi di privata dimora per indagini sulla corruzione ma solo per reati commessi dai pubblici ufficiali. Il privato cittadino, quindi, non potrà essere intercettato con questo strumento.”
Finalmente una serie di buone notizie. Le nuove regole entraranno in vigore a marzo. Il malefico software potrà essere usato solo contro i cattivi e solo contro i cattivi dipendenti pubblici e solo a casa loro. Tutti gli altri non potranno essere spiati con questo strumento. Evviva! Basterà evitare le dimore private dei dipendenti pubblci. Mi sembra una cosa piuttosto facile.
“I trojan – Sui trojan invece è stato raggiunto un compromesso: l’applicazione dei captatori informatici è stata slegata dalla normativa sulle intercettazioni ambientali ampliandone di fatto la possibilità di uso. La riforma Orlando invece li considerava microspie ambientali. Con il decreto legge approvato oggi, dunque, il trojan si potrà usare per perseguire i reati associativi, quelli con finalità di terrorismo e quelli dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio contro la pubblica amministrazione con una .” [Il testo dell’articolo finisce improvvisamente e non sapremo mai cosa c’era scritto dopo.]
Abbiamo imparato un nuovo termine “captatori informatici”, il che ci confonde un po’ le idee: ma non si chiamavano “captatori elettronici”? Qui però – al contrario di quanto letto prima – scrivono che l’uso di questo strumento per spiare la popolazione diventa “di fatto” più ampio. Poi sembra che oltre ai cattivi dipendenti pubblici verranno spiati anche i cattivi terroristi e i cattivi (generici) che si associano insieme.
Ore 03:00 (GMT) interno notte, solstizio d’inverno, 10,9 gradi all’esterno. Tutte le volte che leggiamo la stampa ufficiale dopo ci chiediamo sempre perché lo facciamo. Ripensandoci forse era meglio uscire a farsi un giro anche se piove, lasciando (naturalmente) il cellulare a casa.
Venerdì, pesce
Non ne sentivamo la mancanza ma era un po’ di tempo che non compariva sulla scena politica italiana un nuovo “popolo” a dimostrare che, come ci hanno insegnato a scuola, la storia ha la pessima abitudine di ripetersi.
Senza voler fare una ricerca scientica e andando solo a memoria (con un piccolo aiuto dagli archivi digitali) potremmo far risalire l’inizio della storia all’epoca di “tangentopoli”, quando sulle macerie lasciate dal crollo dei partiti istituzionali, tutti più o meno coinvolti in storie poco edificanti, fece la sua comparsa la “società civile”.
Con la immediata collaborazione dei rudimentali mezzi di comunicazione di massa esistenti in quegli anni gruppi di persone iniziarono a scendere in piazza chiedendo a gran voce la moralizzazione della politica, scelsero i loro santi protettori e protestarono in tutta la penisola, senza bandiere di partito. Una parte di questi finirono poi in un partito personale che ebbe anche un discreto successo elettorale per poi estinguersi, in modo non particolarmente brillante, dopo qualche anno.
A partire da questa “società civile” e nel corso degli ultimi 20-25 anni sono germogliati altri più o meno effimeri fenomeni sociali di piazza ai quali sono state affibbiate delle etichette (oggi #hashtag) che forse ricordano in pochi.
Chi si ricorda “il popolo dei fax” nato quando ormai quello strumento stava per estinguersi? Non lo ricordate? Magari allora ricordate i “girotodini”, un nome davvero ben trovato, anche se è difficile dire che fine abbiano fatto. Sicuramente non ricorderete “il popolo degli SMS” perché probabilmente sarà durato due settimane. E che dire del “popolo viola”? Mai sentito? Abbiamo sempre sospettato che l’idea sia venuta a qualcuno che aveva letto (capendoci poco) “Ammazza un bastardo!”.
Ne abbiamo dimenticato sicuramente qualcuno, forse, tipo il “BoBi”, ma qui non siamo sulla Wikipedia. Erano comunque tutti movimenti formati da gruppi di persone con un orientamento politico trasversale ai partiti tradizionali, tutti alla ricerca di qualcosa di diverso-ma-uguale-ma-diverso.
Poi sono arrivati loro, a volte (soprattutto agli inizi) chiamati anche “popolo di Grillo” e dopo “grillini” che, almeno in parte, hanno raccolto e messo a frutto l’eredità della ormai mitica “società civile” iniziale. Grazie al loro programma politico tipo supermercato sono gli unici ad aver avuto davvero un grande successo. Almeno fino a ieri.
Oggi le “sardine” continuano questa ormai vecchia tradizione, comparendo in un panorama sociale preoccupante e alla vigilia di una serie di scadenze elettorali ravvicinate che potrebbero segnare un ulteriore spostamento a destra dell’asse politico. Cosa ne sarà di loro non lo sappiamo ma intanto teniamo aggiornato il nostro elenco.