La storia si riscrive anche con i necrologi

Inutile ripetere che da tempo i mass media stanno riscrivendo la storia degli anni ’70, la stanno riscrivendo ad uso e consumo di un pubblico troppo giovane per ricordare o troppo distratto per preoccuparsene. La stanno riscrivendo secondo un paio di canovacci, sempre gli stessi, che vengono adattati alla bisogna. Uno dei più ab-usati è quello che presenta gli anni tra la fine dei ’60 e la metà degli ’80 come “anni di piombo”, un periodo storico “buio”, una sorta di “nuovo medioevo”.

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Incubi che diventano realtà

Immaginate che una persona riceva una lettera anonima, una contenente delle minacce, magari scritta usando le lettere ritagliate dai giornali. Immaginate che questa cosa si ripeta una, due, tre e più volte. Immaginate che la persona alla fine vada alla polizia e chieda aiuto. Immaginate che la polizia si rechi all’ufficio centrale di smistamento della posta e lo chiuda, in quanto le lettere anonime sono passate proprio da quell’ufficio, impedendo di conseguenza anche la consegna di tutta l’altra corrispondenza in transito. Adesso svegliatevi, perché questa storia non è frutto della vostra immaginazione ma la realtà.
Lo scorso 18 aprile, agenti del F.B.I. hanno staccato la spina e portato via il server di “ECN” (European Counter Network), il più vecchio “provider” di movimento in Europa, il primo che in Italia ha fornito liste di discussione e spazio per pubblicare pagine web a centinaia di attivisti e gruppi, compreso il sito web creato per questo giornale (http://www.ecn.org/uenne), dove sono ancora archiviati undici anni di articoli. Il computer sequestrato era ospitato a New York all’interno di uno spazio condiviso da “Riseup” (https://riseup.net) e “May First/People Link” (https://mayfirst.org/) due gruppi che gestiscono strumenti informatici messi a disposizione delle iniziative di base.
Non è la prima volta che “ECN” si trova nel mirino della repressione, in passato ha già subito denunce e processi a causa di materiali ospitati sul suo server ma è sempre riuscita, nonostante tutto, a continuare la sua attività.
La scusa usata dal F.B.I. per il sequestro del server è che questo avrebbe veicolato, attraverso il suo servizio di “anonymous remailer”, dei messaggi di posta elettronica indirizzati all’Università di Pittsburgh contenenti minacce dinamitarde.
Sembra infatti che, a partire dal 13 febbraio, siano arrivate a quella Università continue minacce sia via e-mail che su fogli manoscritti che hanno causato l’evacuazione forzata di diversi locali e l’intervento della polizia alla ricerca di esplosivi, mai trovati. Si tratterebbe di più di un centinaio di casi nei quali si è dovuto provvedere allo sgombero di aule, biblioteche, dormitori e laboratori, uno stillicidio di falsi allarmi che ha messo in crisi il funzionamento dell’ateneo. Sul sito dell’Università (http://www.pitt.edu/campus-safety.html) c’è una pagina intera con notizie riguardanti la situazione che si è venuta a creare e le contromisure adottate, vi si può leggere dell’arresto di un sospetto e dell’offerta di una taglia di 50 mila dollari per chiunque fornisca informazioni che portino alla cattura dei responsabili. Nell’ambito delle indagini è stato anche sequestrato il computer di una coppia di persone, una delle quali espulsa lo scorso anno dall’Università di Pittsburgh-Johnstown, che si sono dichiarate estranee ai fatti.
In tutto questo i messaggi arrivati passando dal server di “ECN” sarebbero stati solo tre e il giorno dopo il sequestro del server sono arrivate almeno altre sei e-mail minatorie. Questa la cronaca.
Da un punto di vista più tecnico, ricordiamo che tutti i messaggi di posta elettronica contengono, anche se non in modo immediatamente visibile, una serie di informazioni che possono far risalire – con maggiore o minore facilità – al computer dal quale sono partiti. Sottolineiamo “dal computer” in quanto, almeno per il momento, non è mai possibile essere sicuri (al 100%) riguardo l’autore di un messaggio.
Gli “anonymous remailer” sono dei servizi esistenti da molti anni su Internet, in pratica sono dei programmi che ricevono un e-mail e lo “ripuliscono” da tutte quelle informazioni che potrebbero far individuare il mittente e quindi lo inoltrano al destinatario finale. Usando questi programmi in catena, ovvero facendo passare il messaggio attraverso diversi “remailer”, diventa molto difficile per il destinatario del messaggio risalire a chi lo ha inviato. Questo tipo di servizi è stato uno dei primi a disposizione di tutti coloro che avevano necessità di aggirare la censura dei governi e/o fornire informazioni senza esporsi alla repressione. Proprio per difendere il diritto alla comunicazione, di solito, i server sui quali funzionano questi programmi non mantengono “log”, ovvero tracce informatiche della loro attività. Nello specifico, il server di “ECN” ha anche i dati crittografati, ovvero registrati in modo non leggibile. Per questo si comprende che l’azione di sequestro del F.B.I. è più che altro un modo plateale di mostrare la sua utilità e che difficilmente attraverso questo genere di azioni riusciranno a scoprire il colpevole delle minacce.
Al momento in cui scriviamo non si può prevedere come si evolverà la situazione, anche se siamo sicuri che “ECN” farà di tutto per rimettere al più presto on-line il suo storico server. Sappiamo bene invece quanto sia importante sostenere coloro che forniscono strumenti liberi di comunicazione e solidarizzare con loro quando vengono colpiti dalla repressione.

Se Calabresi è innocente…

“Piazza Fontana. 12 dicembre 1969 ore 16,37. La verità esiste.” (da una pubblicità sul web)

E’ appena uscito nelle sale il film “Romanzo di una strage” del regista Marco Tullio Giordana, che già con “La meglio gioventù” (2003) aveva fornito una discutibile interpretazione della storia degli anni ’70.
Il film in questione inizia con la bomba di Piazza Fontana (12/12/1969) e termina con la morte del commissario Luigi Calabresi (17/05/1972) ed è incentrato principalmente sulla ricostruzione dei momenti immediatamente precedenti e successivi all’attentato di Milano. Sullo schermo passano praticamente tutte o quasi i protagonisti di quell’avvenimento: militanti, politici, giornalisti e poliziotti, tutti interpretati da attori che sono stati scelti anche in base ad una qualche somiglianza con le persone reali. A rendere più vero-simile il tutto ci sono poi i piccoli particolari, messi apposta per essere notati: le “Senior Service” di Gian Giacomo Feltrinelli, i foulard di Camilla Cederna, il questore Marcello Guida che fa un riferimento a Ventotene, giusto per citarne alcuni.
Il motivo conduttore del film, che sarà ribadito in più occasioni e da diversi personaggi, è che i gruppi di destra e di sinistra (nel nostro caso  anarchici) erano tutti infiltrati da agenti al servizio degli apparati dello Stato. Nonostante questo, la strage non è stata prevenuta e le indagini successive si sono sviluppate nella confusione più totale. Per spiegare questa incongruenza l’autore mette in bocca ai più importanti politici dell’epoca, soprattutto a quelli che non possono smentirlo in quanto defunti, una tesi sicuramente vecchia: la strage è stata organizzata e messa in atto da un ben assortito e nutrito gruppo di cospiratori. In questo gruppo ci sono un po’ tutti: anarchici (veri e presunti), fascisti, funzionari statali di vario livello e persino “la parte più oltranzista della NATO” (sic!).
Nulla di nuovo, fin dai primi momenti, la contro-informazione militante aveva già disegnato per sommi capi un quadro delle complicità e soprattutto dell’uso politico che si voleva fare della bomba. Non a caso l’espressione “Strage di Stato” fu coniata subito.
La novità, anche questa non proprio freschissima, è che accanto alla ricostruzione di fatti già consegnati alla storia, il film presenta anche la tesi delle “due bombe”. La prima, a basso potenziale, che doveva scoppiare durante la chiusura della Banca e la seconda, più potente, che invece venne fatta esplodere quando nell’edificio c’erano ancora dei clienti. Nemmeno a farlo apposta la prima potrebbe essere stata collocata dagli anarchici, forse proprio da Pietro Valpreda, e la seconda invece non si sa bene da chi, probabilmente da un fascista somigliante al “ballerino anarchico”.
Su questo scenario, nella prima metà del film, si sviluppa la vicenda di Giuseppe Pinelli e di Luigi Calabresi che vengono presentati come una sorta di Peppone e Don Camillo (absit injuria verbis…), ognuno cristallizzato nel suo ruolo ma, come si suggerisce nella scena in cui al commissario appare il fantasma di Pinelli, accomunati dallo stesso tragico destino. Raccontare in questo modo gli avvenimenti è una costante di un certo filone culturale impegnato da anni a riscrivere la storia degli anni ’70 ad uso e consumo delle generazioni presenti e future. Il quadro presentato è quello di un periodo oscuro e violento a causa degli “opposti estremismi” in campo e delle ideologie ottocentesche che li animavano.
Questo film ripropone una lettura pacificatrice delle coscienze, di chi ha paura di chiedere come mai fin dai tempi di Portella della Ginestra (per restringere il campo alla storia della Repubblica) dietro una strage si è sempre intravista l’ombra dello Stato, in una delle sue tante forme. Che si continui a chiamarli “servizi deviati”, “settori dei servizi”, “apparati riservati”, “forze oscure” o come si preferisce, si tratta sempre di strutture interne allo Stato. Da sempre e non solo dal 12 dicembre del 1969.
La “Strage di Stato” non ha significato, come molti scrivono la “perdita dell’innocenza”, ma solo l’inizio di una stagione politica che in quegli anni si esprimeva con le bombe nelle piazze, sui treni e nelle stazioni e che oggi plaude a chi riscrive quella storia.
Nel film c’e’ una scena nella quale il principe Valerio Borghese si lamenta della “strage di civili” e Stefano delle Chiaie che risponde “E’ la guerra, principe.” e lui di rimando “Taci. Non usare quella parola. I soldati possono dirla. I macellai no”. Questo scambio di battute fa sembrare Borghese una persona che in fondo voleva solo la “proclamazione dello stato di emergenza” dimenticandosi di ricordare che era stato il capo della famigerata “Decima Mas” che si è macchiata, durante la guerra di liberazione, anche di stragi di civili inermi. Il film è tutto su questa falsariga.
Buona visione… se vi regge lo stomaco.