Archivi autore: pepsy

Una storia antifascista

Chi legge queste pagine probabilmente conosce la storia di Franco Serantini e soprattutto la sua tragica morte avvenuta il 7 maggio del 1972 a Pisa. Un avvenimento che con il trascorrere del tempo può essere considerato emblematico di una stagione il cui racconto riemerge periodicamente nel dibattito politico italiano.

In quel periodo tra i partiti presenti in Parlamento ne esisteva uno, il “Movimento Sociale Italiano” (MSI), che nascondeva senza molto successo sotto la maschera di una destra “perbene” la sua ideologia di fondo che derivava da quella del fascismo storico. La politica di questo partito si sviluppava su due livelli: nelle aule parlamentari a favore di tutti i Governi conservatori e di tutte le leggi più reazionarie e repressive e fuori dal Palazzo con il sostegno, più o meno aperto, di azioni violente che avevano come obiettivo le forze della sinistra, sia quella moderata che quella cosiddetta rivoluzionaria. Una serie continua di provocazioni, pestaggi e attentati contro chiunque contestasse i partiti che allora detenevano il potere e le politiche dei Governi e dei padroni.

In quegli anni l’antifascismo storico, quello che aveva sostenuto la Resistenza, si era cristallizzato nel cosiddetto “arco costituzionale” e iniziava a trasformarsi in qualcosa di meramente celebrativo, buono giusto per le manifestazioni istituzionali del 25 aprile.

Nel mondo reale le cose invece erano alquanto diverse. A partire dagli anni ’60, per difendersi dalle violenze che arrivavano dagli iscritti al MSI e da altre formazioni fasciste più piccole, si era sviluppato un movimento largamente diffuso in tutta la penisola del quale facevano parte migliaia di persone. Un movimento che non aveva paura di rispondere in modo adeguato a quello che allora veniva chiamato “neofascismo”.

La città di Pisa non faceva eccezione e per questo non bisogna meravigliarsi se il giovane anarchico Franco Serantini, studente e lavoratore, il 5 maggio del 1972 era sceso in piazza, insieme ad altre centinaia di persone, per contestare il comizio elettorale di un noto esponente locale del MSI. Come spesso accadeva in occasioni del genere la manifestazione di protesta fu attaccata dalle forze dell’ordine, arrivata in forze anche da altre città, e il centro di Pisa si riempì per ore del fumo dei lacrimogeni. Le cariche degli agenti furono molto pesanti, vista la resistenza opposta da chi protestava e Franco Serantini venne picchiato e arrestato durante una di quelle tante cariche. Restò in cella, praticamente senza ricevere cure, per due giorni e solo nel corso dell’autopsia si scoprì che era stato letteralmente massacrato dalle percosse ricevute dai poliziotti.

Nonostante lo scalpore suscitato dal fatto, che arrivò anche in Parlamento, e nonostante gli assassini avessero firmato il delitto non vennero mai individuati i colpevoli. Il nome di Franco Serantini si aggiunse al triste elenco delle vittime delle stragi fasciste che contiene anche i nomi degli altri compagni e delle altre compagne uccise dalle forze dell’ordine. Ma la sua è diventata Storia, sicuramente a Pisa dove viene ricordato ogni anno, con le più diverse iniziative, ma anche altrove grazie alla memoria degli anarchici e delle anarchiche, una memoria destinata a durare per sempre.

Con il passare del tempo sono aumentati i tentativi di riscrivere l’antifascismo di quegli anni presentandolo come una sorta di “guerra fra bande”, tra militanti di destra e di sinistra. L’antifascismo militante è stato circoscritto a singoli episodi nel tentativo di farlo apparire come una insensata esplosione di violenza gratuita. Nella realtà l’opposizione decisa alle attività dei fascisti era stato un generoso tentativo, messo in campo da un forte movimento di opposizione sociale, di contrastare una precisa politica che si sarebbe concretizzata nel corso degli anni attraverso la lunga sequenza di attentati e di stragi nelle quali, in un modo o nell’altro, furono coinvolti militanti di destra. Il partito maggioritario dell’alleanza oggi al Governo mantiene – non certo a caso – nel suo simbolo quello del vecchio MSI e quindi si richiama direttamente ed esplicitamente a esso ereditandone, di conseguenza, le pesanti responsabilità accumulate. Nonostante i continui e patetici tentativi di nascondere, soprattutto attraverso la disinformazione, la propria ideologia di fondo.

Collocare la storia della vita e dell’omicidio di Franco Serantini nel contesto della lotta antifascista che ha caratterizzato quegli anni lontani è un modo non solo per ricordarlo degnamente e senza troppa retorica ma anche un’occasione per riflettere e per far riflettere su quegli avvenimenti, qualcosa che continua a essere utile anche dopo tanto tempo.

Pepsy

Pubblicato su “Umanità Nova”, n.13 del 2025.

Fascismo, antifascismo e altre cose

Leggo la dichiarazione della Presidente del CdM in occasione della ricorrenza dl 50mo dall’omicidio di un giovane fascista, una figura in ricordo della quale è stato anche emesso un francobollo celebrativo.

Questo genere di dichiarazioni hanno quasi sempre in comune la caratteristica di mistificare la storia all’interno della quale è avvenuto un particolare episodio. Nello specifico storici e politici da Bar Sport continuano a raccontare gli avvenimenti, in particolare, quelli degli anni ’70, come se fossero avvenuti in un periodo nel quale era in atto una sorta di “guerra fra bande”. Come se il primo gennaio del 1970 i giovani fascisti e quelli antifastisti avessero deciso di punto in bianco di iniziare a scontrarsi fra di loro a causa delle loro ideologie contrapposte.

Non è proprio così.

Per comprendere le storie, comprenderle mantenendo una onestà intellettuale senza etichette, è necessario studiare e analizzare la storia e il ruolo avuto dalle diverse forze politiche che hanno operato in Italia dal 1945 ad oggi.

Faccio un esempio.

Il 9 marzo del 1955 ci fu un episodio di violenza politica a Roma non molto differente da quelli che avvenirono negli anni ’70 e che tanto preoccupano oggi i commentatori di chiacchiere nelle trasmissioni televisive.

Potete leggere, gratis e on-line, quello che scrissero il giorno dopo (10/03/1955) due quotidiani italiani: “La Stampa” e “L’unità”.

[continua…]

FUORI TEMA

Nota a margine della lettura di alcuni thread di discussione letti nel corso degli anni su mastodon.bida.im ma che non sono assolutamente una sua esclusiva.

Quando andavo a scuola il Tema era uno dei compiti più importanti e temuti dagli studenti, scrivere un bel tema e avere un buon voto era – a volte – anche un modo per bilanciare un risultato meno brillante in altre materie. Alcuni docenti avevano l’abitudine di aggiungere al voto espresso su base 10 anche dei giudizi sintetici su quanto contenuto nel foglio formato protocollo che piegavamo a metà in senso verticale e sigillavamo con l’apposizione di cognome e nome e, in alcuni casi, anche classe e sezione di appartenenza. Tra quei giudizi uno era particolarmente temuto anche da chi scriveva in modo decente e che di solito veniva gratificato almeno da un voto di sufficienza. “Fuori tema” queste due parole ci comunicavano che quello che avevamo scritto era altro da quello che ci era stato richiesto e talvolta questo giudizio non era seguito dal voto espresso in numeri e quindi il risultato del nostro lavoro era considerato “non classificabile”. Potevamo aver scritto anche un testo senza alcun errore, praticamente perfetto a livello di grammatica e sintassi ma il suo contenuto aveva poco o nulla a che fare con l’argomento che ci era stato chiesto di sviluppare. Era possibile anche “andare fuori tema”, vale a dire mettersi in viaggio da Roma per raggiungere Napoli ma, dopo una parte di percorso fatto sulla strada giusta, finire per arrivare a Madrid.

Alle scuole superiori, era possibile meta-comunicare sul Tema chiedendo (esclusivamente in piedi e a voce alta) al/alla prof. un chiarimento a proposito di quella che chiamavamo “traccia”. A secondo della domanda e del/della prof. ci venivano comunicate alcune informazioni supplementari che potevano risultare, ma non sempre, utili per svolgere in modo corretto il compito che ci era stato assegnato. Era una sorta di quello che, in tempi più recenti, si sarebbe chiamato un “aiutino”.

Ai tempi di Internet i Temi ce li scegliamo da sol* e decidiamo anche come svolgerli. I voti si sono trasformati nelle repliche a quello che scriviamo che consistono, nei casi più condensati, in apprezzamenti minimali: l’immagine di un pollice in su, di una stella, un cuore o uno degli altri numerosi segnali non scritti. In altri casi il giudizio di chi ha letto quello che abbiamo scritto viene espresso a parole attraverso le quali chi replica ci comunica il suo grado di apprezzamento di quanto ha letto o, al contrario, di critica più o meno aspra. E, come accadeva a scuola, spesso chi scrive va “fuori tema”, una situazione che è direttamente proporzionale al numero delle repliche e al numero delle persone che replicano. Più queste aumentano più è facile che la discussione intera approdi a lidi molto lontani da quelli di partenza e spesso anche da quelli di arrivo previsti. Chi è ottimista può consolarsi ricordando che tra tutti gli argomenti ci sono pochi gradi di separazione. Chi è pessimista troverà l’ennesima conferma che la comunicazione elettronica è un fallimento totale e quindi una perdita di tempo. Chi è in mezzo sentenzierà che hanno entrambi ragione.

"And I am surrounded by millennial nonentities"

Avviso minatorio ;-)

In caso qualcun* replichi, scrivendo qualcosa, su mastodon.bida.im o altrove nel fediverso, a questo post pubblicato sul mio blog mi arrogo il diritto di copiarlo e incollarlo qui sotto con relativo nick di attribuzione e di un eventuale commento.