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Uno dei peggiori effetti del periodo pandemico è stato quello di iniziare a guardare serie TV in modo smodato. Ricopio qui sotto alcune delle “Recensioni non richieste” mandate nel corso del 2024 in una chat per poch* intim*. Chi legge lo fa a proprio rischio e pericolo e non si rimborsa il biglietto. Spoiler quasi nessuno.

“La casa de papel – Berlin”
Spin-off di “La casa di papel” che ha come protagonista Berlin, quello che viene ammazzato dalla polizia sulle note di “Bella ciao”, lo ricordo per quell* che hanno poca memoria.
Senza farla troppo lunga si tratta della storia di un un colpo da 44 milioni di euro ai danni di una casa d’aste parigina. A capo della banda c’è appunto Berlin e la sua banda formata da altre cinque persone. La definizione migliore per il colpo può essere presa da una espressione (spero) alquanto nota: “è una bojata pazzesca” che va letta cercando di imitare la voce di Paolo Villaggio.
Si tratta, molto più banalmente, di una serie romantico-sentimentale dove tutti i personaggi della banda (a partire dal capo) si imbarcano nella costruzione e nella gestione di legami sentimentali con soggetti interni e/o esterni alla banda. Ci manca davvero poco che la serie finisca con sei matrimoni, il che forse sarebbe stato davvero un finale a sorpresa. Attori, montaggio, fotografia, ecc… confezionati in modo appena decente. I dialoghi sono farciti di massime e consigli a carattere romantico, amoroso e sentimentale davvero imbarazzanti.
Non ho idea se la serie avrà mai una seconda stagione, quello che dimostrano progetti del genere è quanto sia sempre più difficile trovare soggetti decenti nelle produzioni seriali. Ma, anche, quanto sia dannoso il successo di una prima serie decente (mi riferisco a “La casa de papel”) e poi cercare di ripetere il suo successo. Voto: 5/10.

“The swarm”
Una serie di fantascienza con ambientazione “marina”… la recensione manca in quanto l’autore si è assopito un numero di volte abnorme durante la visione. In sostituzione comunichiamo che “The calculating stars” uscito il mese scorso è davvero un bel libro di fantascienza.

La scena si svolge su un lussuoso yacht durante una festa. Lei e lui si appartano verso prua. Lei a lui: “Titanic me”. (non ricordo in che film ho visto la scena ma la ritengo la migliore battuta -in senso cinematografico- del 2024)

“Fallout”
Tratto da un gioco conosciuto, non da me, genere fantascienza post-apocalisse. Prodotto tipicamente made-in-usa tra il pop e il trash, inevitabili contaminazioni western. Poche sorprese, guardabile se vi piace il genere. Voto: 5,9/10.

“Devs”
Alquanto pretenziosa, visto che tratta temi come il contrasto tra determinismo e libero arbitrio, la fisica quantistica e il multiverso tutto. Fantscienza senza (troppi) effetti speciali. Recitazione passabile, fotografia noiosa, sceneggiatura, colonna sonora e montaggio da dimenticare. Colpi di scena telefonati. Se ne consiglia la visione in condizioni di stato alterato di coscienza. Voto: 4/10.

“Reina roja”
Tratta da omonimo romanzo che non ho letto. Serial (?) killer VS consulente con un QI di 242 e poliziotto “strano”. Fattura decente ma trama AAA (alquanto abbondantemente abusata). Citazioni a valanga. Consigliabile a nottambuli e amanti del genere. Voto: 5/10.

“Nobody want this”
Come da titolo. Voto: NC.

“Zorro”
Spoiler solo per boomer e fan: non c’è il Sergente Garcia. Maledetti. Voto: 4/10.

 

 

 

Peppe contro Beppe

Commedia in tre atti e un epilogo

Il “Movimento 5 Stelle” (M5S) sembra proprio essere giunto, alle fine di questo 2024, a un bivio, a un punto di non ritorno. Se fosse una commedia la si potrebbe dividere per comodità in tre atti.

Il primo inizierebbe portando in scena quei quei gruppi di persone che agli inizi degli anni 2000 si incontrarono in uno dei primi network sociali che usava una piattaforma chiamata “MeetUp”, creata negli USA nel 2002 e diffusa su tutta la Internet. Il servizio si strutturava a livello geografico permettendo agli utenti di creare gruppi di discussione locali centrati su un interesse comune di qualsiasi genere: dai giochi ai libri, dalla politica alla musica. Qualcosa che non rappresentava una novità e che aveva, in quegli anni, molteplici imitazioni alcune delle quali diventeranno molto più famose. Poco considerato, come al solito per distrazione o ignoranza, dai mezzi di comunicazione tradizionali questo social, farà da incubatore nel quale nasceranno esperienze come gli “Amici di Beppe Grillo” e le “Liste Civiche a 5 stelle” che diventeranno poi la struttura portante del “movimento”.

Facendo un passo indietro, in un vecchio articolo pubblicato su queste pagine si poteva leggere:
“il “popolo” di Grillo sembra essere composto da quegli strati sociali che negli ultimi 20 anni hanno dato vita a movimenti simili, come la cosiddetta “società civile”, “il popolo dei fax” o i “girotondini”. Gruppi trasversali ai partiti tradizionali, che per un po’ di tempo hanno anche avuto accesso alla ribalta mediatico, anche se le contraddizioni interne e la debolezza delle proposte li hanno poi portati ad una silenziosa estinzione. In questo caso il fenomeno potrebbe avere una durata ed un successo maggiore proprio grazie all’effetto supermercato: sul palco di Torino si sono alternati durante lo show un po’ tutti, dai Comitati “No Dal Molin” e “No TAV” agli operai impegnati contro le morti bianche, dai magistrati d’assalto, alle vittime della violenza di Stato, dagli assessori “virtuosi”, ai cantanti famosi. Tutti insieme a portare le loro proposte anche contraddittorie, ma che hanno dato al pubblico la possibilità di scegliere quella che più gli interessa. Salvo portarsi “a casa” anche le invettive contro l’indulto, contro l’invasione dei rom romeni, contro la “casta” o il paragone improponibile tra i partigiani che hanno combattuto contro i nazi-fascisti e i “nuovi partigiani” della democrazia telematica.” (vedi “Vaffaday 2. Al supermarket del grillo”, “Umanità Nova”, n.16 del 04/05/2008).

Il primo atto si chiuderebbe con la partecipazione (usando varie sigle) ad alcune elezioni a livello locale, con la fondazione nel 2012 dell’Associazione M5S, fondata nel 2012 e quindi con la decisione di presentarsi alle elezioni politiche del 2013.

Il secondo atto si aprirebbe con il risultato delle elezioni del 24/2/2013 nelle quali il M5S raccolse 9.923.600 voti alla Camera (il 29,28% dei voti), più del PD che ne prese 8.646.034 e di FI che ne prese 7.332.134.
Tra queste elezioni e quelle successive vennero formati tre esecutivi: il Governo presieduto da E. Letta (28/4/2013 – 22/2/2014) una “grande coalizione” con dentro tutti (salvo il M5S) seguito da quello di M. Renzi (22/2/2014 – 12/12/2016) una coalizione di centro-sinistra, e poi da quello di P. Gentiloni (12/12/2016 – 1/6/2018) a capo una coalizione fotocopia della precedente, tutti Governi rispetto ai quali il M5S restò sempre all’opposizione. Ma i colpi di scena erano in arrivo.
Nelle elezioni del 4 marzo 2018 i voti del M5S, sempre alla Camera, arrivarono a 10.732.066 (il 32,68% dei voti), ancora più del PD che ne prese 6.161.896 e dei 4.596.956 di FI.
Il M5S aveva stravinto le elezioni e, tra il 2018 e il 2021, vennero formati due Governi presieduti da G. Conte: il primo soprannominato “giallo verde” (1/6/2018 – 5/9/2019) che vedeva insieme il M5S e la “Lega per Salvini Premier” (LSP) e il secondo, detto “giallo-rosso” (5/9/2019 – 13/2/2021) nel quale al posto della LSP subentrò il PD.

Quello che sarebbe successo era fin troppo facilmente prevedibile anche molto prima:
“Paradossalmente, ma nemmeno tanto, un sistema per spiazzare il M5S sarebbe quello di chiedere direttamente a Beppe Grillo di formare il nuovo Governo. Un suo rifiuto mostrerebbe le contraddizioni esistenti nel “movimento” e una accettazione sarebbe un vero e proprio suicidio politico in quanto il M5S non avrebbe certamente la capacità e le forze per gestire la situazione, il che andrebbe a tutto vantaggio degli altri partiti.” (vedi “Il nemico marcia sempre alla tua testa”, “Umanità Nova”, n.12 del 31/03/2013).

In quelle due legislature il M5S operò delle scelte politiche che suscitarono forti critiche all’interno della stessa base del movimento, decisioni piene di contraddizioni, passi falsi, oscillanti tra una politica di “destra” e una di “sinistra”, il tutto venne aggravato – a partire dal 2020 – dalla crisi pandemica. In questo periodo si susseguirono le fuoriuscite di elett* al Parlamento, sia volontarie che a seguito di espulsioni formali, quest* approderanno a gruppi parlamentari diversi. La partecipazione al Governo di M. Draghi (13/02/2021 – 22/10/2022) e la scissione di “Insieme per il futuro” del 2022, sulla quale conviene lasciare il velo pietoso che la ricopre, aggravarono una situazione già fortemente compromessa.
Il progetto iniziale, quello di diventare una forza politica “altra” mostrò a tutti il suo fallimento e costituì sicuramente una delle cause più evidenti di quello che avverrà nelle successive elezioni. E qui si potrebbe chiudere il secondo atto di questa rappresentazione.

Il terzo atto si aprirebbe con le votazioni del 25 settembre del 2022 il M5S raccolse 4.335.494 (il 15,43% dei voti) perdendo più della metà dei voti ottenuti in precedenza. A questo punto diventò evidente anche ai più inesperti che il M5S aveva perso per strada non solo milioni di votanti e decine di parlamentari ma molte delle caratteristiche di “movimento” e degli obiettivi che lo avevano caratterizzato all’inizio e il dibattito interno si iniziò ad incagliare quasi esclusivamente su tematiche connesse alle regole di funzionamento.
Il confronto impietoso con il passato vedeva gli scaffali del “Mercatone 5 Stelle” desolatamente vuoti come quelli di un negozio ai tempi del socialismo reale e una drastica riduzione del numero dei frequentatori e dei voti.
In un certo senso però il M5S rappresentva ancora un nuovo tipo di partito ma non si era dimostrato alla prova dei fatti migliore di quelli esistenti o di quelli estinti, bastava vedere il comportamento dei suoi vari leader e il genere di discorsi pubblici che pronunciavano nei quali la percentuale di fuffa sul tutto era tendenzialmente molto alta.
Il terzo atto si chiuderebbe con i principali protagonisti che salgono alla ribalta di una commedia che somiglia sempre più a una farsa (con tutto il rispetto per il genere) che potrebbe avere come titolo “Peppe contro Beppe”, uno spettacolo che negli ultimi giorni ha saturato di commenti giornali, televisioni e web.

A questo punto mentre cala il sipario qualcun* potrebbe chiedersi: Come andrà a finire?
Basandosi sugli schemi classici si starebbero scontrando all’interno della classe politica del partito un’area “governativa” e una “movimentista” e, almeno in parte, ciò è vero. Difficile valutare la consistenza numerica delle due fazioni in causa e ancora più difficile valutare quant* tra coloro che negli scorsi anni hanno dato il loro voto al M5S saranno disposti a farlo anche in futuro. Probabilmente dal litigio in corso verranno fuori due raggruppamenti politici, entrambi in crisi, che avranno ancora due anni, a meno di impreviste catastrofi che colpiscano l’attuale Governo in carica, a disposizione per provare a rimettere insieme una qualche parvenza di progetto politico che riesca a dare agli attivisti e alle attiviste, alle elettrici e agli elettori un valido motivo per rinnovare le loro scelte passate.

Accanto a più o meno scontate riflessioni di carattere generale, la storia politica del M5S ha lasciato in eredità anche qualcosa sulla quale vale la pena di riflettere. Il movimento è nato e cresciuto, almeno nella sua prima fase, tramite un processo di auto-organizzazione dal basso che ha ampiamente utilizzato gli strumenti della comunicazione elettronica e Internet. Nonostante questo ha però subito, più o meno passivamente, il peso di un personaggio ingombrante come B. Grillo, esercitato fin dall’inizio attraverso il suo blog vale a dire di uno strumento funzionale a un controllo verticale dall’alto. I tentativi di creare una sorta di “democrazia digitale” con i gruppi su “meetup” sono sfociati in seguito in uno stretto legame con l’azienda di Casaleggio, soprattutto attraverso l’uso di una piattaforma digitale (Rosseau) sui cui meccanismi di funzionamento ci sarebbe molto da riflettere. In definitiva il primo “movimento politico digitale” del XXI Secolo ha coltivato l’ingenua idea che bastasse usare i computer e Internet per risolvere alcuni dei problemi che da sempre affliggono le attività dei movimenti che si muovono per il cambiamento sociale, cosa chiaramente non possibile. Così come non sarà mai possibile, attraverso una politica svolta all’interno di una istituzione parlamentare arrivare a un concreto cambiamento, anche partendo con le migliori intenzioni. Del resto bastava rifletterci fin da subito su quanto sia davvero difficile aprire una scatoletta di latta quando ci sei chiuso dentro.

Pepsy

[*] Dati ufficiali (esclusa Val d’Aosta e voti dall’Estero) ripresi dal sito web ufficiale https://elezionistorico.interno.gov.it

[Pubblicato su “Umanità Nova”, n.39 del 15 dicembre 2024]

C’era, una volta

Ci sono ricorrenze di tutti i tipi, si ricordano, si celebrano, si festeggiano avvenimenti anche lontanissimi nel tempo, sia allegri che tristi, a volte anche dimenticati (o sconosciuti) dalla maggior parte delle persone e persino fatti che storicamente non hanno alcun fondamento. A volte queste occasioni possono essere un modo come un altro, per ricordare un passato conosciuto o per farlo conoscere ai più giovani. Quando va bene da queste storie si possono trarre utili insegnamenti, come nel nostro caso.

Alla fine del mese di novembre, in mezzo a chissà quante altre ricorrenze, saranno passati 25 anni dalla creazione di “Indymedia”, qualcosa che per ragioni anagrafiche non appartiene alla memoria personale di chi oggi ha tra i 20 e i 30 anni ma che davvero vale la pena di ricordare.

Tutto iniziò, non proprio casualmente, negli ultimi mesi dello scorso millennio o se preferite dello scorso secolo uno di quei momenti che ha il fascino della fine di un’epoca, un appuntamento che nella storia lontana veniva associato a eventi apocalittici, collegati spesso alla fine del mondo. E, in un certo senso, nel contesto aleggiava qualcosa di simile. Da qualche anno si aggirava per il globo un movimento transnazionale che aveva portato alla ribalta una generazione che protestava contro una globalizzazione che stava aggravando le disuguaglianze sociali e accelerando la distruzione dell’ecosistema. Questo movimento era palesemente connesso e in prosecuzione degli altri che, a partire dalla fine degli anni ’50 del 1900, avevano percorso chilometri nelle strade e nelle piazze di tutto il pianeta. Movimenti che erano nati, erano cresciuti e poi erano scomparsi più o meno velocemente dal palcoscenico della Storia, quella con la “S” maiuscola.

Nel novembre del 1999, in un contesto dove tra le novità principali erano comparse – con tutta la loro dirompente novità – la Rete Internet e soprattutto il Web fu proprio dalla miscela di questi due ingredienti, che prese le mosse il primo e fino a questo momento unico tentativo di mettere sottosopra il sistema tradizionale della comunicazione di massa.

Sarebbe troppo lungo e complicato raccontare la storia di “Indymedia”, per chi è interessat* rimandiamo a questo vecchio articolo e alle risorse (buone e meno buone) che sono facilmente rintracciabili sulla Rete, in questo caso ci limitiamo a segnalare alcuni dei motivi per i quali quella storia va ricordata ancora nel 2024 quando è passato già un quarto di secolo.

Allora come oggi il sistema delle comunicazioni di massa era in mano a poche centri economici, politici e di potere che erano gli unici ad avere le risorse necessarie per stampare un giornale, per gestire un network radiofonico o televisivo. Strumenti in grado di trasformare i fatti in notizie, di costruire una narrazione del presente (ma anche del passato) funzionale al sistema del capitalismo che in quegli anni celebrava la sua vittoria sul presunto “socialismo reale”.

La creazione di “Indymedia”, partita da un semplice sito web messo in piedi per documentare quella che fu chiamata la “Battaglia di Seattle” dimostrò, in modo inoppugnabile, che anche un piccolo gruppo di persone con risorse economiche ridicole rispetto a quelle a disposizione dei giganti dela comunicazione riuscì a mettere in piedi un progetto in grado di produrre e diffondere una informazione indipendente. L’idea iniziale nel giro di un paio d’anni si trasformò in una vera e propria Rete internazionale che arrivò ad avere più di un centinaio di nodi sparsi, anche se in maniera disomogenea, in tutti i continenti.

Al contrario di quello che era avvenuto in precedenza, in quel 1999 il movimento era riuscito a dotarsi di un sistema di comunicazione e informazione, veloce, moderno e che usava in modo assolutamente nuovo la telematica. Negli anni a seguire saranno numerose le iniziative commerciali e non che copieranno molte delle innovazioni tecniche usate per la prima volta da “Indymedia”.

Non sempre le belle storie hanno un lieto fine e così è stato anche per questa. Dopo una decina d’anni la Rete che aveva provato, spesso riuscendoci, a contrastare il potere dei mezzi di comunicazione di massa ufficiali perse forza, principalmente perché si indebolì, fin quasi a scomparire, il movimento che le aveva fornito linfa vitale. Ma le ragioni di questa scomparsa sono anche altre e rientrano, in gran parte, nelle caratteristiche proprie di tutti i movimenti sociali e che risentono in modo significativo delle trasformazioni dei diversi contesti storici nei quali hanno operato.

Il panorama attuale è caratterizzato, tra le altre cose, da una estrema frammentazione delle forze che operano per un cambiamento sociale e, all’interno di questa situazione, ci sono anche delle diversità che riguardano il modo di rapportarsi personalmente e collettivamente ai media digitali. Negli ultimi anni il sistema dei media ufficiali ha colonizzato, quasi completamente, la Rete Internet e molt* subiscono passivamente questa invasione non riuscendo ad immaginare alternative attraverso le quali si possa provare a sfuggire al controllo diffuso che caratterizza la società digitalizzata.

La storia di “Indymedia”, difetti compresi, anche se vecchia di 25 anni è un anniversario che vale le pena di ricordare e che ha ancora molto da insegnare a chi abbia la voglia di imparare.