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Vecchi errori

Ricopio qui sotto un articolo pubblicato sul settimanale anarchico Umanità Nova, n.2 del 22 gennaio 2006, Anno 86. Lo faccio per due ragioni: perché, contrariamente a quello che avevo scritto alla fine dell’articolo, anche se dopo anni, si è arrivati a conoscere la verità ma anche perché sono orgoglioso di aver partecipato, anche se con un piccolissimo contributo, a raccontare una storia che non andava dimenticata.

Morte “accidentale” di un ragazzo
Chi ha ucciso Federico?

Federico – un diciottenne di Ferrara – è morto la notte del 25 settembre 2005 ammanettato e circondato da poliziotti e carabinieri. Una fine classificata come “morte per droga”, nonostante sul suo corpo siano stati riscontrati diversi traumi che, sempre secondo la relazione degli agenti, sarebbero il risultato di atti di autolesionismo.

Una morte apparentemente come tante altre, corpi che cedono a sostanze avvelenate, vite che si concludono quasi sempre in solitudine e senza tanto rumore mediatico. Una storia che, solo all’inizio di quest’anno, è uscita dal silenzio grazie alla caparbietà di una madre che ha trovato la forza di raccontare su Internet i suoi dubbi sulla morte del figlio. La vicenda ha trovato uno spazio su Indymedia ed è diventata definitivamente “pubblica” la scorsa settimana quando, anche su diversi quotidiani, è riapparsa la notizia troppo frettolosamente “dimenticata” dai media.

Immediatamente vengono fuori le prime contraddizioni tra la versione “ufficiale” e quella di altri testimoni, come i sanitari che hanno constatato il decesso del ragazzo, e prontamente arrivano le dichiarazioni del PM che si occupa del caso, il quale ha affermato che le prime risultanze delle perizie portano ad “escludere la natura traumatica del decesso” (Adnkronos, 13/1/06), “che le contusioni e le ecchimosi rilevate sul corpo del giovane, così come la ferita lacero-contusa al cuoio capelluto, quale che ne fosse l’origine, non potevano avere di per sé cagionato la morte del ragazzo” (ibidem) e che “allo scroto è stata rilevata un’area di acchimotica di modestissime dimensioni” (ibidem).
Come dire che, anche se Federico fosse stato pestato a sangue dalla polizia, non è stata questa la causa determinante della sua morte e che tanto meno poteva morire per un “modesto” colpo ai testicoli.

Ancora più categorica la rappresentanza sindacale degli agenti: “Noi sappiamo già, avendone gli elementi, che la vicenda si concluderà con esito positivo e che l’inchiesta della magistratura metterà in luce che il decesso è avvenuto non per cause ricollegabili all’operato dei nostri colleghi.” (dichiarazione di un sindacalista del “Sindacato Autonomo di Polizia”, “Il Resto del Carlino, 13/1/06).
Come dire che, anche se Federico fosse stato pestato a morte dalla polizia, il risultato delle indagini scagionerà sicuramente i suoi assassini.

Questa storia è venuta fuori, quando si dicono le coincidenze, proprio mentre si stava scrivendo una nuova puntata della vicenda di Marcello Lonzi, il detenuto “trovato morto” nel carcere di Livorno nel luglio 2003. Anche in questo caso è stato principalmente grazie alla tenacia della madre (ma anche di gruppi di compagni) che si è arrivati davanti al tribunale di Genova con una controperizia medica che ribalta quella precedente, che archiviava la morte del giovane come dovuta ad un “malore” cardiaco.

Per il momento, le uniche certezze sono il fatto che il ragazzo aveva assunto qualche sostanza psicotropa e che è incappato, tornando a casa, in una pattuglia.

Difficilmente si saprà la verità su quanto accaduto, ma di una cosa siamo più che sicuri: se quella maledetta notte Federico avesse incontrato degli esseri umani capaci di gestire una situazione “difficile”, piuttosto che degli uomini in divisa, forse oggi sarebbe ancora vivo.

Pepsy

Paure e timori

una barchetta di carta con i colori della bandiera palestinese

Il primo attacco contro una imbarcazione della “Global Sumud Flotilla” (GSF) poteva sicuramente considerarsi come un avvertimento in stile mafioso. Il secondo, arrivato a meno di 24 ore dal precedente, specialmente se sarà seguito da altri rappresenta invece una chiara “dichiarazione di guerra”.
Le modalità dell’attentato terroristico ci dicono anche altre cose: che l’intenzione di chi attacca non è immediatamente diretta ad assassinare gli equipaggi a bordo delle imbarcazioni della GSF ma, piuttosto, a provocare danni che rallentino o blocchino definitivamente la navigazione del natante preso di mira. L’uso di un qualche tipo di “drone” costituisce anch’esso una minaccia, visto le quantità di questo genere di armamenti che possono essere messi in campo che superano di gran lunga il numero delle imbarcazioni che potrebbero partecipare alla GSF.
La “guerra” scatenata contro la GSF è di quelle che si basano sulla paura, incutere al nemico uno spavento talmente grande da farlo desistere dal proseguire nella navigazione verso il suo obiettivo. A questo punto la ben nota citazione di Sun Tzu sarebbe un obbligo. Ci vuole davvero poco per trasformare gli attentati che si limitano a danneggiamenti in attacchi che colpiscano le persone.
Oltretutto, anche se la precisione dei “droni” si è ormai dimostrata elevata, esiste sempre la concreta possibilità di un errore che produca effetti diversi da quelli che ci si aspetta. Effetti di solito molto più sanguinosi.
Ed è proprio quest’ultimo aspetto che fa ritenere possibile che anche nel campo dei terroristi che hanno attaccato la GSF circoli un sentimento simile alla paura, certamente non paragonabile a quella che provano gli attaccati in quanto chi esegue gli attentati non corre in pratica alcun rischio personale dal punto di vista fisico. Al massimo chi progetta e chi ordina queste azioni potrebbe avere il timore che gli effetti finali degli attacchi, nel caso vengano reiterati, siano opposti a quelli voluti. Anche per questa ragione, almeno fino a oggi, nessuno ha rivendicato la paternità degli attentati.
Paura contro timore, una “guerra” che in questa fase è principalmente un conflitto di logoramento, che è l’unico campo nel quale ci potrebbe essere un minimo di parità in quanto – dal punto di vista militare – si tratta di una “battaglia” perfettamente asimmetrica: zero armi da una parte e una quantità enorme dall’altra.
In questo momento non è realisticamente possibile prevedere in che direzione si svilupperà la situazione anche se le variabili in campo non sono molte e le scelte possibili ancora meno.

10/09/2025

Ciao Benni

cover vhs del film Musica per vecchi animaliStefano Benni l’ho incontrato, grazie alle magiche leggi della Serendipità, nel 2014 in un contesto non ufficiale.
Indossava una bellissima maglietta nera sulla quale campeggiava una scritta in napoletano: “faciteme sta’ quiet'” con sotto, tra parentesi, la traduzione in inglese per i più ignoranti.
Siamo stati seduti a chiacchierare per non più di una decina di minuti e ricordo solo pochi frammenti della discussione, lui che mi diceva di non amare i computer, i telefonini e Internet e io che elencavo i miei libri preferiti tra quelli scritti da lui: “La compagnia dei Celestini”, “Comici spaventati guerrieri” e naturalmente “Bar Sport”. Ricordo anche che dissi che l’ultima cosa scritta da lui che avevo apprezzato era un racconto, “Pantera”. Di quel fortunato incontro non ricordo altro.
Ricordo di più il piacere che provavo quando leggevo i suoi corsivi su “il Manifesto” o da qualche altra parte. Ricordo la mezza delusione quando ho visto il film “Musica per vecchi animali” e il divertimento provato assistendo a una sua piece teatrale interpretata da Angela Finocchiaro.
Come sempre accade in questi casi la possibilità di incontrare di nuovo, tramite un libro o altro, una voce piacevole mitiga la sua perdita.