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Ridurre la libertà, aumentare la censura

Il Sindaco di New York City ha recentemente dichiarato che i famigerati “social” sono un “pericolo per la salute pubblica” paragonabile addirittura a un “veleno ambientale” e che “i giovani devono essere protetti” da questa minaccia. La notizia è una di quelle che possono potenzialmente innescare (anche in Italia) infiniti dibattiti, polemiche, prese di posizione e via dicendo. L’origine dell’allarme lanciato è stata la pubblicazione di un documento presentato alla “Commissione per la Salute e l’igiene mentale” della città americana nel quale, partendo dalla constatazione che la salute mentale dei giovani abitanti di quella metropoli è andata peggiorando nel corso degli ultimi dieci anni, si addita come responsabile di questa preoccupante tendenza il massiccio uso dei “social” fatto dagli studenti delle scuole superiori.
Come accade spesso, la lettura diretta della fonte rimette le cose in una corretta prospettiva separandole dall’annuncio mediatico fatto da un politico probabilmente in cerca di facili consensi.

avviso contro l'uso dei social mediaIl documento in questione (liberamente scaricabile) presenta alcuni dati: tra il 2011 e il 2021 le idee suicide dei giovani sarebbero aumentate di più del 34% e la mancanza di speranza nel futuro di più del 42%, tanto che nel 2021 il 38% degli adolescenti avrebbero smesso di svolgere le loro abituali attività. La situazione sarebbe anche più grave per gli afro-americani e i latini, per le donne e per chi si riconosce nella comunità LGBTQ+. Contemporaneamente, nel 2021, il 77% degli studenti delle scuole superiori avrebbe passato 3 o più ore al giorno davanti a uno schermo e questo in aggiunta alle ore dedicate allo studio.
In precedenza anche altre istituzioni, come l’American Academy of Pediatrics e l’American Psychological Association avevano lanciato degli allarmi che andavano nella medesima direzione.

In realtà nel documento c’è però anche chiaramente scritto che “l’attuale insieme di prove indica che, sebbene i social media possano avere benefici per alcuni bambini e adolescenti, vi sono molti indicatori che i social media possono anche comportare un profondo rischio di causare un danno alla salute mentale e al benessere di bambini e adolescenti. Al momento non disponiamo ancora di prove sufficienti per determinare se i social media siano sufficientemente sicuri per bambini e adolescenti.” Affermazione che ridimensiona, e non certo di poco, l’allarmismo che è stato diffuso da chi si è concentrato (per varie motivazioni) esclusivamente sulle dichiarazioni a effetto del Sindaco.

Non è certo la prima volta che la politica sostiene di preoccuparsi per la salute mentale delle giovani generazioni e, proprio negli USA, c’è stato in passato almeno un caso che – per la sua ampiezza – ha fatto scuola e che coinvolgeva anch’esso mezzi di comunicazione di massa e salute mentale di bambini e ragazzi. Vale la pena di ricordarlo anche solo brevemente.
Esattamente 70 anni fa venne pubblicato “Seduction of the Innocent”, un libro scritto da uno psichiatra che riteneva i fumetti la causa della delinquenza giovanile e di quelli che venivano chiamati “disordini mentali”. Il libro, seguito da un enorme dibattito, allarmò talmente l’opinione pubblica da costringere l’industria del fumetto (preoccupata per i suoi profitti) a creare una “Comics Code Authority” che funzionò come un organo di autocensura di editori, autori e disegnatori: la maggior parte degli editori di fumetti prodotti negli Stati Uniti presentavano volontariamente, prima di andare in stampa, i loro prodotti a quella “Autorità” per l’approvazione. A partire dal 1954 sulle copertine dei giornali a fumetti iniziò a comparire un riquadro a forma di francobollo che segnalava tale “approvazione” a garanzia del fatto che quel fumetto poteva essere letto, senza pericolo, da bambini e ragazzi. Questa sorta di “imprimatur” ha resistito fino all’inizio del 2000 ma poi nel corso degli anni seguenti si è sostanzialmente estinto. Forse è meno noto che un sistema simile fu, per un breve periodo, applicato anche in Italia dove sulle copertine di alcuni fumetti comparve una sorta di “scudetto” all’interno del quale compariva la sigla “GM” che stava per “garanzia morale” (sic!). Questo perché anche nella penisola era arrivata una lontanissima eco del clamore prodotto dall’altra parte del mondo; il bollino nostrano durò davvero poco, comparso nel 1962 sparì, non certo per un caso, nel 1967 tra l’indifferenza generale.

Ritornando alla notizia di partenza ci sono alcune cose da sottolineare limitandosi a osservazioni dettate dal buonsenso più che da ricerche scientifiche o statistiche.
La comunicazione tramite computer è quasi sempre un’esperienza di tipo individuale, nel senso che ogni persona si relaziona a quel tipo di strumenti e alle persone con le quali interagisce basandosi sulle proprie conoscenze e sulle esperienze personali precedenti. Per cui chi ha alle spalle esperienze traumatiche o negative potrebbe (ma non è una certezza) peggiorare la sua condizione quando usa la comunicazione elettronica. E questo vale per le persone di qualsiasi età e non solo per i minorenni.

Per esempio un rischio maggiore, quando si abusa della comunicazione tramite computer, lo potrebbero correre persone che non hanno ancora, per ragioni di età o per altre cause, avuto un significativo numero di esperienze di relazioni dirette con altri esseri umani. Questo perché le relazioni interpersonali che si producono attraverso la comunicazione elettronica sono, sempre e in ogni caso, completamente diverse da quelle che avvengono nella vita reale. I problemi potrebbero sorgere soprattutto quando le relazioni virtuali si sostituiscono a quelle reali. La comunicazione mediata da computer potrebbe risultare quindi utile in alcuni casi e dannosa in altri, ma le variabili in campo sono molto numerose e questo non permette di essere scientificamente sicuri dell’esistenza di automatismi che comportino danni o benefici a livello individuale.

Infine non va mai dimenticato che, quando si tratta di trovare una scusa per mettere in atto delle politiche di controllo e repressione, vengono sempre utilizzate in modo strumentale delle argomentazioni sulle quali la sensibilità sociale è molto alta. Così come, da quando esiste Internet, viene continuamente tirato in ballo l’argomento pedofili e pedofilia quando ci sono di mezzo minorenni; una argomentazione di tipo allarmistico che ha l’enorme vantaggio di mettere d’accordo tutti e che spesso porta alla messa in atto di politiche di controllo e repressione generalizzate.

L’ultimo esempio concreto lo abbiamo avuto in Italia alla fine del 2023, quando è stato reso obbligatorio installare dei filtri censori sui cellulari che hanno schede telefoniche intestate a minorenni, un intervento di dubbia efficacia che ha però lasciato ancora fuori una parte dei “social”. In questo contesto dichiarazioni come quella del Sindaco di NYC potrebbero facilmente essere usate come un comodo pretesto per stringere ancora di più le maglie del controllo e allargare l’area della censura.

FROM THE RIVER TO THE SEA ALL PEOPLE MUST BE FREE

Quasi subito dopo l’inizio del macello e ben sapendo che poi la quantità di parole si sarebbe sprecata ho provato a dire la mia sottoponendomi a un limite esterno, per cui ho pubblicato su https://mastodon.bida.im un post di 840 caratteri che è il massimo consentito dal software:

“Sarò bre
Su israele-palestina si può scrivere molto. Chi ha colpa del conflitto? L’UK che ha gestito quelle terre per un tempo sufficiente – avendo la volontà – per tentare di prevenire il seguito. Poi, in solido, la comunità internazionale e le sue posizioni contraddittorie, volte a difendere i propri interessi. Colpevoli al 50%-50% le élite locali che, dall’inizio, non hanno riconosciuto all’altra il diritto all’esistenza. Colpevoli le favole religiose. Inutile stare col bilancino ad attribuire il giusto peso ai colpevoli o alle vittime che si sono trovate in mezzo alle guerre dal 1948 a oggi, ai trattati inutili, alle risoluzioni di carta straccia dell’ONU. Unica soluzione è che le due parti si accordino su come dividere il territorio e convivere in pace. Le altre soluzioni saranno solo l’intervallo tra un massacro e l’altro.”

Ben cosciente che un testo così breve sarebbe stato pieno di omissioni e semplificazioni e quindi anche a rischio di incomprensioni ho poi pubblicato sul settimanale anarchico “Umanità Nova” un testo più lungo che però partiva ancora da quel “toot”.

Il testo è questo:

Un passato senza fine

A quasi tre mesi da quando tutto è iniziato e dopo aver riletto quei due testi oltre a solo una piccolissima parte (nessun essere umano avrebbe potuto leggere tutto) di tutto quello che è stato scritto sull’argomento mi sono convinto che forse sarebbe stato meglio precisare qualcosa che, probabilmente, non era immediatamente evidente in quello già scritto. In particolare qualcun* avrebbe potuto associarmi a chi sostiene una posizione equidistante tra le due principali parti in causa, una per intenderci del tipo “né-né”.

Ritornando con la memoria ad altri anni e altre storie mi sono ricordato del dibattito sollevato da coloro che si schierarono “né con lo Stato, né con le BR” ma soprattutto dello scarso interesse, almeno a livello dei mezzi di comunicazione ufficiali, verso coloro che invece si dichiararono “contro lo Stato e contro le BR”, una posizione che raccoglieva un’area politica numericamente piccola ma comunque esistente. Contrariamente a quello che si può pensare le due posizioni non sono affatto simili, ieri come oggi.

CONTRO HAMAS – CONTRO LO STATO ISRAELIANO – PALESTINA LIBERA

Perché contro HAMAS
Il “Movimento di resistenza islamico” conosciuto come “Hamas” è una organizzazione politico-militare fondata nel 1987 il cui obiettivo è la creazione di uno Stato islamico, cioè una società fondata su credenze religiose che vogliono le persone sottomesse alle regole di una entità sovrannaturale e allo sfruttamento di un sistema capitalista reale. Approfittando della disperazione presente da decenni tra la popolazione palestinese ha trasformato uomini, donne e bambini in marionette da mandare al martirio e da bersagli da sacrificare quando sia necessario.

Perché contro lo Stato Israeliano
Lo Stato Israeliano ha portato avanti, a partire dalla sua fondazione, una politica tesa ad aumentare, in tutti i modi, l’estensione del suo territorio. Parallelamente ha costruito nel corso degli anni una struttura sociale basata sulla discriminazione e sulla segregazione ai danni dei più deboli e indifesi, sfruttando il loro lavoro e reprimendo duramente qualsiasi protesta. Grazie agli aiuti interessati delle grandi potenze ha potuto assumere a livello internazionale un ruolo centrale in quell’area ritenuta strategicamente importante.

In mezzo, la popolazione
Come avvenuto già più volte, la popolazione palestinese si è trovata presa in mezzo all’ennesimo scontro tra gli interessi di due entità che hanno molte cose in comune, tra le quali l’assoluta mancanza di rispetto per la vita umana. Come dimostrano senza ombra di dubbio l’azione di Hamas del 7 ottobre e la fin troppo prevedibile risposta dello Stato Israeliano.
La popolazione palestinese continua a essere oggi facile vittima e quella israeliana, per la maggior parte, silenziosa complice del massacro in corso, che continua quelli che lo hanno preceduto e quelli che rischiano di seguirlo negli anni a venire.

Noi, a distanza
Il massimo che si può fare a distanza è chiedere con forza la fine dell’inutile massacro in atto, di uno spreco di vite umane (come in tutte le guerre) nel quale gli unici a perdere saranno sempre gli stessi: i più deboli, i più poveri, i più sfruttati, quelli collocati agli ultimi gradini nella scala sociale.
Possiamo solo sperare in una prossima generazione, di israeliani e palestinesi, che decida di farla davvero finita con una sottomissione che ha portato solo morte e distruzione, una generazione che trovi la forza per liberarsi, una volta per tutte, dal peso dell’eredità di una vendetta infinita. Possiamo solo sperare che la resistenza e la forza sprecate fino a oggi perseguendo politiche che non hanno portato alcun beneficio collettivo vengano indirizzate verso una lotta per la costruzione di una società finalmente libera, per tutti e tutte.

FROM THE RIVER TO THE SEA ALL PEOPLE MUST BE FREE

 

 

Internet. Minori, censura e famiglia

L’Autorità per la Garanzia nelle Comunicazioni (AGCOM) è “un’autorità amministrativa indipendente italiana di regolazione e garanzia, con sede principale a Napoli e sede secondaria operativa a Roma. Istituita con la legge Maccanico (1997), alla quale è affidato il duplice compito di assicurare la corretta concorrenza degli operatori sul mercato e di tutelare il pluralismo e le libertà fondamentali dei cittadini nel settore delle telecomunicazioni, dell’editoria, dei mezzi di comunicazione di massa e delle poste…” (vedi la relativa voce su Wikipedia).
Tra i suoi maggiori successi si ricordano: il tentativo fallito di costringere Mediaset a spostare “Rete 4” sul satellite; l’emanazione di un Regolamento sul “diritto d’autore” immediatamente fatto oggetto di un ricorso alla Corte Costituzionale; il fallimentare controllo che, in periodo elettorale, tutti i contendenti abbiano un accesso paritario agli organi di informazione.
A parziale discolpa dell’AGCOM va considerato che il suo campo di attività spesso si sovrappone a quello di altri organismi, alle pasticciate normative italiane e al fatto che il settore delle telecomunicazioni è uno di quelli in continua trasformazione.

Con premesse di questo genere è lecito preoccuparsi quando si legge la Delibera approvata nel gennaio di quest’anno: “Adozione delle linee guida finalizzate all’attuazione dell’articolo 7-bis del Decreto-Legge 30 aprile 2020, n. 28 in materia di “Sistemi di protezione dei minori dai rischi del cyberspazio”” (Delibera n.9/23/Cons). Provvedimento che andrà in vigore dal prossimo 21 novembre e che riguarda soprattutto i telefonini che hanno una SIM intestata a un minore, sui quali dovrebbe essere attivato obbligatoriamente un sistema di controllo disattivabile solo dietro richiesta dei genitori.
Per prima cosa ricordiamo che le “linee guida” sono una sorta di galateo rinforzato, nel senso che forniscono, allo stesso tempo, sia indicazioni dettagliate che di carattere più generale e che prevedono sanzioni per chiunque le violi. Proviamo a riassumere i principali contenuti del documento facendo finta di non aver letto la parola “cyberspazio” inserita nel titolo.

La Delibera descrive come i fornitori di servizi Internet (ISP) debbano prevedere un sistema di controllo al fine di proteggere i minori dal contatto con contenuti ritenuti non adatti alla loro età, tale sistema dovrebbe essere gratuito, pre-attivato e gestito dai genitori. La prima cosa preoccupante è leggere la lista dalla quale pescare i contenuti che possono essere oggetto del controllo, si tratta di un elenco di 23 voci che, in pratica, contiene tutta Internet: dalla posta elettronica ai social network, dal gioco d’azzardo alla pornografia. Accanto a queste si trovano voci che definire “ridicole” è un complimento: Contenuti ritenuti inquietanti (sic!), Pubblicità, Contenuti su nudità non pornografica, lingerie, ecc…

Gli operatori del settore hanno ridotto (bontà loro) il campo del controllo parentale a soli otto elementi: Contenuti per adulti, Gioco d’azzardo/scommesse, Armi, Violenza, Odio e discriminazione, Promozione di pratiche che possono danneggiare la salute alla luce di consolidate conoscenze mediche, Anonymizer, Sette. Ognuno di questi contenuti meriterebbe un approfondimento a parte, ma in questa sede ci limiteremo solo ad alcune considerazioni di carattere più generale.

Da quando esiste Internet si è provato in vari modi a catalogare i contenuti a disposizione degli utenti; prima che inventassero i motori di ricerca esistevano una infinità di siti che pubblicavano lunghi elenchi di collegamenti (link) ad altri siti inseriti in un qualche tipo di classificazione, più o meno dettagliata, per aiutare i primi esploratori della Rete a scoprire risorse di loro interesse. Con l’avvento dei motori di ricerca questo genere di liste, che aveva comunque molte pecche, è praticamente sparito anche se sono ancora moltissimi i siti che contengono elenchi a tema, ad esempio un sito anarchico che pubblica una lista con i link ad altri siti anarchici.

L’elenco delle “categorie” sulle quali si dovrebbe esercitare il controllo parentale presenta tutti gli svantaggi che avevano le lunghe liste della Internet degli inizi e il numero dei siti tra i quali ricercare quelli pericolosi non è certo gestibile da uno o più genitori. Per questo il provvedimento solleva i genitori da questa missione impossibile delegando agli ISP il compito di decidere cosa i minori possono o non possono vedere. A loro volta i provider dovranno però necessariamente affidarsi al lavoro di terzi che dovrebbero catalogare il contenuto di tutti i siti esistenti in Rete al posto loro. Per cui il cosiddetto “controllo parentale” è in realtà una doppia delega in bianco che firmano i genitori a società più o meno sconosciute e più o meno capaci.
Di passaggio ricordiamo che, da molto tempo, le richieste di chi accede alla Rete tramite un ISP italiano sono sottoposte a un “filtro di Stato” che impedisce (più o meno) di accedere a una lunga lista di indirizzi web compilati su scelte trasparenti come una giornata di nebbia.

Prendiamo come esempio due delle categorie indicate come “dannose”.
La categoria “Anonymizer”, un termine in lingua inglese usato in modo poco appropriato, viene così descritta: “Siti che forniscono strumenti e modalità per rendere l’attività online irrintracciabile.” In altri termini i minori non dovrebbero accedere a siti che permettono di rendere anonima (per quanto possibile) la propria attività in Rete. Per cui un* minore che volesse denunciare una violenza, una minaccia, una prevaricazione senza correre il rischio di una ritorsione non potrebbe più farlo senza doversi esporre in prima persona, con tutti i rischi che questo comporta in determinati contesti. Decisamente un passo avanti nella protezione dei minori.
Passiamo a qualcosa di più ameno, vale a dire la descrizione della categoria “Sette”: “Siti che promuovono o che offrono metodi, mezzi di istruzione o altre risorse per influire su eventi reali attraverso l’uso di incantesimi, maledizioni, poteri magici o essere soprannaturali.” Confessiamo che ignoravamo che fosse possibile influire su eventi reali tramite pratiche esoteriche o con l’aiuto di esseri “soprannaturali”. Ci dispiace davvero per i minori che dovranno fare a meno, oltre che ai siti di genere “Fantasy” (pieni di magia) anche dei siti dedicati ai super-eroi che, notoriamente, hanno (al pari delle divinità religiose) poteri “soprannaturali”.

Questi sono solo due esempi di come sia molto difficile e complicato, a volte quasi impossibile, applicare le “linee guida” previste dal provvedimento, senza dimenticare che il termine “minore” comprende sia un* bambin* di 6 anni che un* adolescente di 17.

Il documento contiene anche una lunga serie di indicazioni tecniche (non sempre chiare) che mostrano, oltre alla difficoltà di mettere in atto controlli che non sfocino in una censura generalizzata, la distanza che passa tra i desideri propagandistici dei politici e le possibili soluzioni tecniche a disposizione di chi dovrebbe applicare concretamente la “protezione dei minori dai pericoli del web”. Un tema che da anni è un cavallo di battaglia demagogico che mette insieme appassionatamente destra e sinistra.
Inutile dire che sistemi a pagamento, simili a quelli previsti dalla Delibera, per controllare l’attività dei minori su Internet esistono, in tutto il mondo, da più di 20 anni, anche prima che venissero fuori inutili e sconclusionati provvedimenti. Quello che non sappiamo è quanto siano realmente utilizzati e se funzionino. Siamo invece abbastanza sicuri che molti dei genitori ansiosi di monitorare l’attività on-line dei propri figli* dovranno ricorrere a qualche aiutino almeno due volte: la prima per imparare a far funzionare i controlli e la seconda per capire come hanno fatto a superarli.

[Pubblicato su “Umanità Nova”, anno 103, numero 34 ­ del 19/11/23]