Archivi autore: pepsy

Santa pazienza

“Lunico errore che faccio è che certe volte credo di sbagliare” (cit.)

Anche se le riflessioni che seguono sono dedicate in particolare a chi usa l’istanza mastodon.bida.im la maggior parte delle cose scritte valgono in generale anche per altri ambienti virtuali di comunicazione. Le scrivo sul blog perché pubblicarle a “toot” renderebbe il testo meno comprensibile.

Ed è proprio dai limiti di uno strumento come Mastodon che conviene iniziare il discorso.

La Comunicazione Mediata da Computer (CMC per gli amici) tra persone passa attraverso canali diversi: email, chat, mailing list, messaggi istantanei, ecc… ognuno di questi ha delle caratteristiche, di ordine tecnico, peculiari che lo differenziano dagli altri sotto molti aspetti.

Per esempio ci sono strumenti sincroni, tipo le chat, che consentono di interagire in tempo reale e strumenti asincroni, tipo le mailing list, dove a prevalere sono le interazioni più dilatate nel tempo. Anche se su una lista ci possono essere persone che sono sempre connesse e replicano a un email dopo mezzo secondo, ce ne saranno altre che la leggono una volta al giorno e quindi risponderanno in un altro momento.

Mastodon, sebbene permetta di rispondere immediatamente a un “toot” somiglia più a una sorta di blog “collettivo” e quindi può essere usato in diversi modi anche se per una discussione approfondita presenta molti più svantaggi che vantaggi rispetto a una serie di “toot” sullo stile di botta e risposta.

Questo perché non tutti gli strumenti della CMC possono essere usati (proficuamente) per le stesse cose: se devi coordinare una azione di strada in tempo reale difficilmente potrai farlo usando una lista di discussione ma piuttosto userai uno strumento di messaggistica istantanea o una chat. Se invece devi discutere più approfonditamente su un argomento probabilmente sarebbe meglio usare una mailing list che Mastodon.

E questa è la prima “regola” che andrebbe rispettata. Non tanto perché ci sia necessità di regole e di rispetto ma principalmente perché sarebbe poco furbo usare un martello da falegname per tentare di svitare i bulloni della ruota di una automobile.

Uno strumento come Mastodon è fatto, principalmente, per pubblicare brevi scritti e per condividere contenuti. Contenuti che possono essere molto vari: la foto-notizia di una iniziativa, un link interessante, una riflessione generale, una domanda, una richiesta ma anche un contenuto di tipo personale, nel senso che riguarda soprattutto chi scrive.

Ma, qualsiasi sia il contenuto del “toot”, ci si dovrebbe rendere conto che alla sua pubblicazione potrebbe seguire una “reazione” di qualche tipo.

Questo semplicemente perché se una persona si esprime in un “luogo pubblico” deve mettere in conto una possibile reazione e per reazione intendo anche un silenzio assordante. Sono infatti le reazioni che sono alla base di qualsiasi “social coso”, senza di queste ci sarebbe solo un flusso ininterrotto di contenuti senza nessun collegamento tra di loro.

Per cui la seconda “regola” da seguire prima di scrivere un “toot” è quella di riflettere sulle reazioni che quello che si sta per pubblicare potrebbe suscitare nelle altre persone. La frase precedente non vale per troll o per flamer.

Seguire la seconda “regola” è difficile perché si entra nel campo delle diversità individuali, il che apre un mondo infinito di possibilità praticamente uguale al numero di universi paralleli che esistono nelle serie TV.

Pubblicare il link a un concorso dove si vince una mascherina al profumo di bacon potrebbe offendere qualche persona? E ripescare la storia dei “bonsai kitten”?

Proseguendo sull’importanza di valutare preventivamente quello che si vorrebbe pubblicare si arriva a uno dei nodi più delicati, vale a dire ai “toot” che riguardano il proprio “personale”.

“oggi mi sento più psichedelico del solito”
“ho cucinato pasta e fagioli (con cotiche o senza)”
“il mio gatto ha detto MIAO”

Come scritto sopra le reazioni a quello che viene pubblicato sono l’elemento di base sul quale si fonda il funzionamento dei “social cosi”. Del resto se Mastodon fosse esclusivamente un susseguirsi di “toot” senza alcuna reazione la cosa potrebbe assumere anche aspetti preoccupanti, anche se discretamente interessanti dal punto di vista di chi analizza la comunicazione.

A questo punto la videocamera dovrebbe inquadrare chi legge un “toot” di tipo personale e reagisce con un commento.

Tralascio qui tutto quello che riguarda “stelline”, “condivisione” e annessi e connessi e mi riferisco solo ai commenti scritti, che abbiano o meno una immagine allegata o che consistano solo in una immagine allegata.

In questo caso la “regola” dovrebbe essere questa: nei commenti ai “toot” di tipo “personale” andrebbero evitati attacchi, insulti e squalifiche (nel senso psicologico del termine) indirizzati alla persona che ha scritto il “toot” che si commenta. A meno che non siano una reazione diretta, ovvero quando sono una risposta a una chiara provocazione di tipo personale alla quale si ha tutto il diritto di replicare a tono.

In casi di “toot” del genere:
“i nati sotto il segno dei pesci con ascendente acquario puzzano”
“il calcio non piace agli snob”
“sono allergico al pelo dei cani”

Seguire questa “regola” è molto semplice, in quanto basta ricordarsi che è sempre legittimo criticare, anche aspramente, il contenuto di quello che non ci piace senza bisogno di attaccare chi lo ha scritto. Questo perché bisogna sempre ricordarsi che per litigare è necessario essere (almeno) in due.

In altri casi seguire questa “regola” è molto più complicato dal fatto che a volte il contenuto pubblicato riguarda questioni che attengono alla sfera intima o emotiva sia personale che collettiva. Non entro nel merito delle ragioni che possono spingere le persone a raccontare in pubblico situazioni, storie, stati d’animo di carattere “intimo” delle quali probabilmente sarebbe meglio parlare con persone che si conoscono, piuttosto che con degli sconosciuti. Segnalo solo che questo genere di “toot” difficilmente producono qualcosa di buono.

Bisogna però evitare anche una sorta di autocensura, per cui si evita volutamente di affrontare certi argomenti perché si ritiene che possano essere offensivi per qualche persona. Visto che non è possibile conoscere e tener conto delle sensibilità di tutte le singole persone, che potenzialmente possono leggere quello che si scrive, si rischierebbe di creare un ambiente dove una presunta “sicurezza” sarebbe il risultato di una totale omologazione e dell’appiattimento delle differenze individuali. O della trasformazione di Mastodon in uno “sfogatoio” piuttosto che in un ambiente dove poter discutere e confrontarsi anche su argomenti “intimi”.

In altri termini sono fermamente convinto che, ogni tanto, un bel flame ci stia bene, basta che non diventi la modalità comunicativa prevalente e che sia sempre, per quanto umanamente possibile, un litigio rispettoso delle persone.

Sintetizzando, quella specie di “regole” indicate sopra, si potrebbero ridurre anche a una sola: avere pazienza, una virtù necessaria anche se so bene che i suoi limiti sono strettamente individuali. Avere pazienza con chi reagisce male a quello che pubblichiamo e avere pazienza con quello che pubblicano le altre persone.

Oltre ad una “santa pazienza” bisognerebbe – da parte di chiunque – ricordare che la comunicazione andrebbe *sempre* contestualizzata e quello che una persona potrebbe considerare offensivo per un’altra potrebbe essere considerato ironico. E se ogni persona ha tutto il diritto di trovare “insultante” quello che vuole dovrebbe concedera anche alle altre persone gli stessi diritti che reclama.

Nota Bene. La “santa pazienza” non si applica a contenuti sfacciatamente sessisti, razzisti, fascisti, ecc…

Pazienza perché l’unica alternativa sarebbe creare o tentare di creare ambienti di comunicazione sterilizzati nei quali tutte le persone la pensano più o meno allo stesso modo. Del resto l’ambiente di comunicazione più sicuro per tutti i suoi utenti è quello dove nessuno comunica con nessuno.

“Piano B”

Un opportuno “toot” su mastodon.bida.im mi fa venire in mente che il mio suggerimento può essere sostituito da una modalità che non presuppone particolari virtù. Autorizzato dall’autore, che ringrazio, copio e incollo di seguito un sistema alternativo per non essere disturbato oltre il necessario.


naivespeaker

Non proponiamo “La mossa del Fassino” perché è subdolamente oppressiva, ma possiamo consigliare una soluzione a chi soffre per l’ignoranza e la cattiveria che dominano l’istanza che l* ospita.

1. Bloccate tutti quell* che non sono dispost* a darvi sempre ragione

2. Sottoponete alla vostra accettazione le richieste di seguirvi

3. Accettate come follower solo quell* che sono dispost* a darvi sempre ragione

4. Impostate “Visibili solo dai Follower” per tutti i vostri toot

5. Interagite con chi vi dà sempre ragione

6. E così nessuno si farà male

In questo modo potrete continuare ad usufruire del servizio fornito dall’ignorante e cattiva istanza.

Volendo potrete contribuire economicamente a pagare i server che vi ospitano, e sentirvi in pari.


 

Sarchia: Hai letto la decisione del Parlamento Europeo?
Pone: Quale?

Sarchia: Quella su cosa si possa scrivere sulle etichette dei prodotti alimentari a base di vegetali.
Pone: Ah, si, la questione dell’hamburger vegano con annessi e connessi.

Sarchia: Si, quella. Cosa ne pensi?
Pone: Che le parole a volte somigliano agli esseri viventi. Nascono, crescono di più o di meno e poi, a volte, passano una vecchiaia solitaria, dimenticate da tutti e in alcuni casi poi arriva la loro definitiva scomparsa.

Sarchia: Si, ma alcune parole hanno anche un destino diverso, quello di cambiare significato nel corso del tempo.
Pone: A volte sono quelle più affascinanti.

Sarchia: Prendi, a esempio la parola “hamburger”, una parola relativamente recente (viene fatta risalire al 1884) e che deriva probabilmente dal nome di una nota città tedesca Amburgo (Hamburg). Negli corso degli anni la parola ha finito per essere comunemente associata a un panino con dentro una polpetta di carne, insalata e altre cose varie.
Pone: E non è finita. Oggi la parola è legata anche all’informatica dove esistono le “hamburger icon” che sono composte da tre linee orizzontali sovrapposte e che di solito richiamano un menù a discesa.

Sarchia: Si una parola, nel corso del tempo, può cambiare significato e, in alcuni casi, anche nel suo opposto.
Pone: Già.

Sarchia: E cosa ne pensi della decisione del Parlamento Europeo?
Pone: Dal punto di vista linguistico o cosa?

Sarchia: Da quello che preferisci.
Pone: Tenderei a distinguere i piani. La decisione presa è chiaramente una decisione dettata da interessi esclusivamente economici e quindi legati al profitto. Da una parte l’industria della carne e dall’altra gli imprenditori che producono alimenti vegetali e che sono interessati ai miliardi di dollari di questo mercato. In mezzo qualche anima candida vegetariana o vegana che ha fatto proprio il nefasto detto: “il nemico del mio nemico è mio amico”.

Sarchia: Quindi per te “hamburger vegano” non è un ossimoro?
Pone: Beh, certo che è un ossimoro. Ma gli ossimori non sono vietati dalle leggi, almeno ancora no. Se volessi esprimere il mio pensiero completo proverei con una fantasia.

Sarchia: Nemmeno queste sono vietate, almeno per il momento.
Pone: Fantastico di essere un imprenditore del settore dell’allevamento bovino e suino. Un grosso imprenditore, ma grosso assai. Chiederei ai miei veterinari e tecnici di incrociare due razze di bovini e di crearne una nuova. La chiamerei “soia” e commercializzerei la bistecca di soia. Poi farei lo stesso con due razze di suini e chiamerei “tofu” quella nuova, così potrei commercializzare la salsiccia di tofu.

Sarchia: Temo che sia una fantasia davvero impossibile. Le autorità te lo vieterebbero.
Pone: E come?

Sarchia: Ti vieterebbero di usare i termini “bistecca di soia” o “salsiccia di tofu” perché generano confusione con prodotti dai nomi simili ma che sono di origine vegetale.
Pone: Questo dimostra l’inutilità della nostra discussione. Sarebbe bastato rileggersi un classico. Prego.

“Quando io uso una parola” disse Humpty Dumpty in tono alquanto sprezzante, “questa significa esattamente quello che decido io… né più né meno”
“Bisogna vedere” disse Alice “se lei può dare tanti significati diversi alle parole”
“Bisogna vedere” disse Humpty Dumpty “chi è che comanda… è tutto qua”
(L. Carroll, Attraverso lo specchio)

Indymedia in Italia…

E adesso?

La pseudo biografia di italy.indymedia.org è (praticamente) finita.

Senza avere, come chiarito fin dall’inizio, la pretesa di essere minimamente esaustiva il suo scopo era, con la scusa del ventennale, quello di provare a fornire, a chi non conosce o conosceva poco di quella esperienza, un minimo di materiali per avere una vaga e incompleta idea di quella che è stata una molteplice storia che ha coinvolto, a diversi livelli e per non pochi anni, decine di migliaia di persone.

La voglia di raccontare quelle storie frulla in testa da quasi dieci anni, la voglia di scrivere qualcosa di più corposo di una pseudo biografia ma meno pretenzioso di una storia definitiva. Per fare questo, ammesso di averne la capacità, mancano alcuni pezzi.

2002 Firenze Indymeeting

2002 Firenze Indymeeting

Ci sono alcune lacune, tra le tante, che vanno segnalate non fosse altro perché sia chiaro che sono volute e non frutto di dimenticanze o di maldestri tentativi di occultamento o mistificazione.

La lacuna più grossa è sicuramente che manca anche solo un accenno alle questioni di genere e non certo perche queste sono diventate di moda in tempi più recenti ma esclusivamente per il semplice fatto che chi scrive non si ritiene in grado di poter affrontare l’argomento in modo soddisfacente e quindi ha preferito (forse vigliaccamente) saltarlo del tutto. E’ necessario comunque almeno ricordare che la storia di (((i))) non è stata sicuramente una storia esclusivamente maschile, anzi qualcunx potrebbe affermare esattamente il contrario. Un vuoto bello grosso che potrebbe essere riempito da altrx che abbiano voglia di ricordare la storia di una comunità che è stata sicuramente più includente che escludente.

2003IMCCampDarby

2003 IMC Camp Darby

La seconda mancanza riguarda la non menzione delle grosse polemiche interne che hanno attraversato, in diverse occasioni, (((i))) provocando litigi, incomprensioni e tutto il resto. In questo caso la scelta è stata dovuta al fatto che un singolo episodio, a volte anche piccolo, scatenava un diluvio di mail che spesso “contagiavano” anche due o tre liste di discussione diverse e poteva durare settimane. La fatica per ricostruire, in modo corretto, anche solo uno di questi episodi non avrebbe aggiunto molto a questo breve testo. Anche perché poi, dopo lo scannamento polemico, le cose riprendevano a funzionare (o non funzionare…) di nuovo.

Altra lacuna, anche questa voluta, riguarda l’annosa questione del rapporto tra i “tecnici” e i “politici” un rapporto che è sempre stato storicamente conflittuale e mai completamente risolto in modo soddisfacente. Spesso dentro (((i))) si è discusso di questo tipo di problemi e si è anche provato a mitigare l’impatto che aveva sul funzionmento del progetto nel suo complesso. La missione non è riuscita ma nessuno potrà mai dire che non ci si è provato.

2003 Livorno Presentazione Indymedia

2003 Livorno Presentazione Indymedia

Anche all’interno di (((i))) come di qualsiasi comunità la variabilità caratteriale è stata sia una forza che una debolezza ma la presenza di persone ottuse e/o in malafede si è mantenuta quasi sempre a livelli fisiologici. Stesso discorso vale per i troll e per quellx in cerca di notorietà. Anche se i più noiosi e patetici di tutti erano quellx che si capiva anche solo da dove mettevano le virgole che erano dentro al progetto esclusivamente per conto del loro partitino-gruppo-organizzazione-collettivo. Su tutte queste persone e sulle loro brutte figure si è steso, come suol dirsi, un velo pietoso.

Altra mancanza, già segnalata, riguarda l’attività fatta a livello locale dai vari gruppi di attivistx che “facevano indymedia”. Attività iniziata prima della nascita dei nodi geografici creati dopo il congelamento del sito nel 2006 e che è quasi sempre continuata ininterrottamente per più di dieci anni. Come però è stato scritto, queste sono storie che sarebbe meglio se le raccontassero i partecipanti ai vari gruppi sparsi per la penisola.

Da questa parte si potrebbe, e non è una minaccia, raccontare la storia di toscana.indymedia e non è detto che prima o poi non venga fatto :-)

2004 Genova Indymeeting

2004 Genova Indymeeting

Come già scritto (in diverse occasioni) e ripetuto, se si volesse mettere su un piatto della bilancia le cose positive del progetto e sull’altro quelle negative il primo sarebbe sicuramente sempre quello più pesante. Del resto se un progetto, nato dal basso, indipendente e autogestito, durato nel suo complesso quasi 20 anni, è riuscito a confrontarsi e a volte a “vincere” contro un potere così forte come quello dell’informazione ufficiale vuol dire che quella lotta era possibile, oltre che necessaria.

Ricordare, anche con tutti i difetti delle rievocazioni e di questa in particolare, le tante vite di italy.indymedia.org è stato anche un modo per ribadire che il campo dell’informazione è ancora – accanto a quelli più “classici” – un terreno di lotta dove, oggi forse ancora più di ieri, è necessario impegnarsi.

Nelle puntate precedenti…

  1. Italy prima di italy
  2. Andare a Genova passando per Napoli
  3. Genova. Il battesimo del fuoco
  4. Il villaggio indyano
  5. Tutti vs italy.indymedia.org
  6. Signore e signori, si chiude
  7. La “balcanizzazione”