Fascismo, antifascismo e altre cose

Leggo la dichiarazione della Presidente del CdM in occasione della ricorrenza dl 50mo dall’omicidio di un giovane fascista, una figura in ricordo della quale è stato anche emesso un francobollo celebrativo.

Questo genere di dichiarazioni hanno quasi sempre in comune la caratteristica di mistificare la storia all’interno della quale è avvenuto un particolare episodio. Nello specifico storici e politici da Bar Sport continuano a raccontare gli avvenimenti, in particolare, quelli degli anni ’70, come se fossero avvenuti in un periodo nel quale era in atto una sorta di “guerra fra bande”. Come se il primo gennaio del 1970 i giovani fascisti e quelli antifastisti avessero deciso di punto in bianco di iniziare a scontrarsi fra di loro a causa delle loro ideologie contrapposte.

Non è proprio così.

Per comprendere le storie, comprenderle mantenendo una onestà intellettuale senza etichette, è necessario studiare e analizzare la storia e il ruolo avuto dalle diverse forze politiche che hanno operato in Italia dal 1945 ad oggi.

Faccio un esempio.

Il 9 marzo del 1955 ci fu un episodio di violenza politica a Roma non molto differente da quelli che avvenirono negli anni ’70 e che tanto preoccupano oggi i commentatori di chiacchiere nelle trasmissioni televisive.

Potete leggere, gratis e on-line, quello che scrissero il giorno dopo (10/03/1955) due quotidiani italiani: “La Stampa” e “L’unità”.

[continua…]

FUORI TEMA

Nota a margine della lettura di alcuni thread di discussione letti nel corso degli anni su mastodon.bida.im ma che non sono assolutamente una sua esclusiva.

Quando andavo a scuola il Tema era uno dei compiti più importanti e temuti dagli studenti, scrivere un bel tema e avere un buon voto era – a volte – anche un modo per bilanciare un risultato meno brillante in altre materie. Alcuni docenti avevano l’abitudine di aggiungere al voto espresso su base 10 anche dei giudizi sintetici su quanto contenuto nel foglio formato protocollo che piegavamo a metà in senso verticale e sigillavamo con l’apposizione di cognome e nome e, in alcuni casi, anche classe e sezione di appartenenza. Tra quei giudizi uno era particolarmente temuto anche da chi scriveva in modo decente e che di solito veniva gratificato almeno da un voto di sufficienza. “Fuori tema” queste due parole ci comunicavano che quello che avevamo scritto era altro da quello che ci era stato richiesto e talvolta questo giudizio non era seguito dal voto espresso in numeri e quindi il risultato del nostro lavoro era considerato “non classificabile”. Potevamo aver scritto anche un testo senza alcun errore, praticamente perfetto a livello di grammatica e sintassi ma il suo contenuto aveva poco o nulla a che fare con l’argomento che ci era stato chiesto di sviluppare. Era possibile anche “andare fuori tema”, vale a dire mettersi in viaggio da Roma per raggiungere Napoli ma, dopo una parte di percorso fatto sulla strada giusta, finire per arrivare a Madrid.

Alle scuole superiori, era possibile meta-comunicare sul Tema chiedendo (esclusivamente in piedi e a voce alta) al/alla prof. un chiarimento a proposito di quella che chiamavamo “traccia”. A secondo della domanda e del/della prof. ci venivano comunicate alcune informazioni supplementari che potevano risultare, ma non sempre, utili per svolgere in modo corretto il compito che ci era stato assegnato. Era una sorta di quello che, in tempi più recenti, si sarebbe chiamato un “aiutino”.

Ai tempi di Internet i Temi ce li scegliamo da sol* e decidiamo anche come svolgerli. I voti si sono trasformati nelle repliche a quello che scriviamo che consistono, nei casi più condensati, in apprezzamenti minimali: l’immagine di un pollice in su, di una stella, un cuore o uno degli altri numerosi segnali non scritti. In altri casi il giudizio di chi ha letto quello che abbiamo scritto viene espresso a parole attraverso le quali chi replica ci comunica il suo grado di apprezzamento di quanto ha letto o, al contrario, di critica più o meno aspra. E, come accadeva a scuola, spesso chi scrive va “fuori tema”, una situazione che è direttamente proporzionale al numero delle repliche e al numero delle persone che replicano. Più queste aumentano più è facile che la discussione intera approdi a lidi molto lontani da quelli di partenza e spesso anche da quelli di arrivo previsti. Chi è ottimista può consolarsi ricordando che tra tutti gli argomenti ci sono pochi gradi di separazione. Chi è pessimista troverà l’ennesima conferma che la comunicazione elettronica è un fallimento totale e quindi una perdita di tempo. Chi è in mezzo sentenzierà che hanno entrambi ragione.

"And I am surrounded by millennial nonentities"

Avviso minatorio ;-)

In caso qualcun* replichi, scrivendo qualcosa, su mastodon.bida.im o altrove nel fediverso, a questo post pubblicato sul mio blog mi arrogo il diritto di copiarlo e incollarlo qui sotto con relativo nick di attribuzione e di un eventuale commento.

Cosa succede in città?

Guardo distrattamente interessato la manifestazione “europeista” trasmessa in diretta da una Piazza del Popolo mezza piena o mezza vuota, a seconda del grado di pessimismo di chi guarda. Non l’ho seguita tutta, ma ho sentito il Sindaco di Barcelona (Spagna) parlare in italiano, spagnolo e catalano; ho sentito Lella Costa citare più o meno a sproposito Pietro Gori e addirittura “nostra patria è il mondo intero…” e Roberto Vecchioni cantare.

L’interesse è dettato dal fatto che una iniziativa del genere ha il pregio dell’originalità e, almeno a mia memoria, di questi tempi è difficile trovarne. Facile dire che senza le intemperanze trumpiane questo assembramento non ci sarebbe stato, almeno in Italia, come non c’è stato quando si era trattato di segnare alcuni dei passaggi critici nel processo di costruzione dell’Unione Europea come l’introduzione della moneta unica, l’elezione del Parlamento europeo, la creazione dell’area di Schengen, e via dicendo. Oggi, improvvisamente, l’Europa sembra che debba diventare qualcosa di più che un enorme apparato burocratico sovranazionale che si occupa dei tappi delle bottiglie di plastica.

Peccato che a organizzare e sponsorizzare questa manifestazioni ci siano i “soliti noti”, che (ma sono un malpensante) vogliono provare a rientrare nel gioco della politica italiano dopo che le ondate della destra hanno colpito e stiano colpendo da anni tutti i paesi europei. Peccato che, basta scavare davvero poco, per rendersi conto che le posizioni politiche degli organizzatori e delle organizzatrici e dei partecipanti e delle partecipanti sono alquanto diverse su molti dei temi che quelli e quelle che intervengono richiamano. Peccato che proporre di aggiungere una nuova identità (quella europea) a quelle esistenti che già tanti danni hanno fatto e stanno facendo, non solo in Europa, non sia una soluzione ma una complicazione ulteriore. Peccato che alla fine questa manifestazione diventerà qualcosa buona per i dibattiti e anche le migliori intenzioni di quelli e quelle che hanno partecipato serviranno a lastricare le strade che portano agli inferi.

Questa piazza è stata, in un certo senso, anche una sorta di sostituto dagli enormi raduni pacifisti che da molti anni a questa parte sono spariti dal panorama, sostituiti non da iniziative antimilitariste, come sarebbe necessario, ma da meno numerose manifestazioni per la Palestina o per l’Ucraina nelle quali spesso si mescolano motivazioni anche incompatibili fra di loro.

Alla fine, come da tradizione, vengono dati i numeri: 50 mila persone tra le quali 119 sindaci e in coda vanno i contributi video che non sono passati durante la manifestazione.

Una volta si diceva: “grande la confusione sotto il cielo, la situazione è eccellente”, ma erano altri tempi e oggi questo modo di dire è vero ancora, solo a metà.

NB Quanto sopra scritto a caldo con in sottofondo l’audio che arriva dalla diretta da Piazza del Popolo. Scrivendo in questo modo gli errori sono inevitabili, ma se ci fosse davvero uno sfondone del quale non mi sono accorto lo correggo dopo.