Genova 20 anni e dopo (3)

Continuo a ripubblicare alcuni articoli sui “Fatti del G8 di Genova” usciti sul settimanale anarchico “Umanità Nova” dopo il 2001 per ricordare che quei fatti non durarono solo tre giorni.
Di seguito altri 4 articoli, quelli precedenti si trovano qui:

Genova 20 anni e dopo (1)
Genova 20 anni e dopo (2)


Umanità Nova, n.10 del 19 marzo 2006

Un orrore premeditato

Cinque anni possono essere davvero tanti, e chi non è stato direttamente coinvolto nei fatti accaduti a Genova durante le proteste contro il summit del G8 forse non ha avuto molte occasioni per rendersi conto della tragicità di quelle giornate. A fare da promemoria basterebbero i processi relativi alle violenze messe in atto dalle forze dell’ordine nei confronti di centinaia di persone durante il raid notturno nella Scuola Diaz e nel carcere di Bolzaneto.

Al tempo apparve chiaro che la violenza usata nei confronti di persone inermi era stata davvero spropositata, non si trattava di qualche manganellata data durante una manifestazione, ma di comportamenti messi in atto con freddezza e premeditazione. Nel luglio 2001 i sostenitori del principio di “legge e ordine” minimizzarono le testimonianze di chi aveva provato sulla propria pelle il nuovo corso della repressione inaugurato a Napoli nel marzo precedente. Oggi, dalle testimonianze rese nei processi, trova conferma – inconfutabile – una storia già raccontata.

I pestaggi, in stile squadroni della morte, operati dalla polizia alla Diaz sono stati ricordati con lucidità da decine di compagni e compagne, anche stranieri, che ebbero la sventura di andare a dormire in quella scuola. La verità che viene fuori è quella di un massacro coscientemente pianificato e messo in atto e non della risposta a chissà quale provocazione. Le testimonianze ascoltate sono state talmente univoche che lo scorso febbraio il Presidente del tribunale ha emesso una ordinanza nella quale ha chiesto di far parlare solo i testi che avessero qualcosa “di nuovo” da aggiungere a quanto già ascoltato. Dopo una settimana di polemiche suscitate da questa decisione il tribunale ha precisato che non si riferiva alle testimonianze riguardanti le violenze subite dalle parti offese, ma solo a quelle riguardanti fatti ormai accertati.

La stessa scena si è ripetuta nel procedimento per le torture inflitte a chi fu fermato e rinchiuso a Bolzaneto. Anche in questo caso i testimoni hanno confermato che in quel luogo, tra i canti fascisti, le minacce di stupro ed i pestaggi, sono continuate le violenze delle forze dell’ordine con la complicità dei medici di servizio. Al contrario di quanto accaduto nella Diaz, in questo caso gli “eroi in divisa” non erano mascherati ed alcuni di essi sono stati riconosciuto da più testimoni. Stando alle cronache, la difesa degli imputati ha avuto pochi margini di replica davanti ai racconti di chi ha vissuto sulla propria pelle episodi intollerabili. Intanto, il primo marzo il Gip ha accolto 120 delle 126 richieste di archiviazione (parziale) per i fatti collegati a questo procedimento.

Oltre a questi due processi a Genova si sta svolgendo anche quello contro i presunti “black-bloc”, che vede sul banco degli imputati due dozzine di compagni accusati di devastazione e saccheggio. Le udienze stanno andando avanti con le testimonianze dei poliziotti e dei carabinieri che ricostruiscono, dal loro punto di vista, i vari episodi degli scontri ed il ruolo giocato dagli imputati. Questo processo rischia una sospensione, a causa della necessità della ricomposizione del collegio giudicante, il che farebbe slittare di diversi mesi le prossime udienze. La decisione è prevista nelle prossime settimane.

Prosegue intanto, a Cosenza, il processo alla rete del “Sud Ribelle” che vede un gruppo di compagni accusati di “associazione sovversiva” (270bis). Questo procedimento va a rilento (dal dicembre 2004 solo 14 udienze) anche qui a causa della composizione del collegio giudicante. L’8 marzo scorso, alla ripresa, dopo una pausa di alcuni mesi, ancora problemi legati alla sostituzione di un giudice a latere e di parte della giuria popolare. L’unico decisione presa riguarda le date delle prossime udienze che si terranno dal 17 maggio al 30 giugno prossimo. Ma la repressione non molla la presa e due imputati si sono visti consegnare, al loro ingresso in tribunale, una denuncia per “interruzione di un ufficio o servizio pubblico”, per la loro partecipazione alle lotte dei lavoratori della zona cosentina.

Non è la prima volta che i movimenti si trovano a confrontarsi con la “giustizia”, ma è sicuramente una delle rare volte che, come nel caso dei processi Diaz e Bolzaneto, sul banco degli imputati non ci sono compagni ma decine di tutori dell’ordine (29 per la Diaz e 45 per Bolzaneto), inchiodati da una serie di precise testimonianze. Comunque finiscano i due processi, nessuno potrà dire che non sapeva delle violenze del potere o continuare a paragonare i danni fatti ad una vetrina con quelli contro una persona.

Pepsy


Umanità Nova, n.10 del 18 marzo 2007

Processi al movimento

Nel marzo e nel luglio del 2001 a Napoli ed a Genova le manifestazioni contro la globalizzazione furono segnate da centinaia di arresti di dimostranti, da violenze nelle caserme contro persone inermi e seguite da diversi procedimenti giudiziari ancora oggi in corso. Già in altri articoli [*] è stato sollevato il problema dello sfondo di silenzio sul quale si stanno svolgendo questi processi, un silenzio che, con il trascorrere del tempo, diventa ogni giorno sempre più pesante.

Il 16 gennaio scorso è ripreso a Genova il processo ai venticinque compagni accusati di “devastazione e saccheggio”. Nelle udienze i responsabili dell’ordine pubblico stanno ricostruendo (a modo loro) quanto accaduto in quei giorni ed i modi attraverso i quali hanno individuato le persone da processare. Dai resoconti pubblicati da chi sta seguendo il dibattimento, viene fuori l’immagine di una gestione dell’ordine pubblico alquanto caotica, e se i testi sono molto precisi quando si tratta di descrivere le azioni dei dimostranti, diventano quasi sempre smemorati quando si tratta di individuare precise responsabilità nella catena di comando delle forze della repressione. A fine febbraio è iniziato l’esame dei testi della difesa.

Continua anche il processo “Diaz” contro 28 poliziotti accusati di falso e calunnia, procedimento ritornato per un attimo alla ribalta della cronaca mediatica grazie alla pagliacciata delle molotov “scomparse” [vedi U.N. n.3 del 28/1/07]. Nelle ultime udienze è continuata la ricostruzione di quanto avvenne la notte del 21 luglio 2001, durante l’irruzione all’interno della scuola “Diaz-Pertini”, dove dormivano pacificamente centinaia di persone. Per quanto riguarda le molotov, l’unica cosa appurata e che quelle “scomparse” sono le stesse che vennero ritrovate per strada. Riguardo poi il presunto accoltellamento di un agente che sarebbe avvenuto durante l’irruzione e che fu attribuito ad un ignoto aggressore presente all’interno della scuola, non sono stati fatti significativi passi avanti, in quanto i testimoni della polizia non ricordavano bene gli avvenimenti.

Nel processo per le violenze subite a Bolzaneto dai compagni fermati nelle giornate di luglio 2001, sta sfilando la lunga teoria dei 270 testimoni che raccontano le terribili esperienze personali di quei giorni, fatte di violenze verbali e fisiche. Non è un caso che questi racconti non trovino spazio nelle tv, troppo impegnate a santificare la famiglia e le sue rassicuranti violenze, per avere tempo da dedicare alla sospensione di qualsiasi forma di libertà collettiva avvenuta a Bolzaneto e nella caserma Raniero di Napoli.

Collegato ai fatti del marzo 2001 a Napoli, prosegue a Cosenza il processo, per reati associativi, al cosiddetto “Sud Ribelle”, tredici compagni che sarebbero stati gli organizzatori degli incidenti di Napoli e di Genova e addirittura parte di un complotto “sovversivo”. Anche in questo caso le udienze si trascinano nell’ascolto delle testimonianze di agenti e dirigenti dell’ordine pubblico impegnati a raccontare le loro verità, fatte di intercettazioni e di interpretazioni di telefonate, di messaggi di posta elettronica e di trasmissioni radio. Significativo, in una delle recenti udienze, l’episodio della “sparizione” del verbale di interrogatorio di un ex imputato, avvenuto (quando si dice il caso…) in concomitanza con la scomparsa delle bottiglie genovesi. Scontata invece, in quanto già prevista da diverso tempo, la sostituzione del pubblico ministero che aveva iniziato l’inchiesta.

Non è certo la prima volta che un movimento si trova a fare i conti con gli strascichi giudiziari delle proprie azioni, e non è nemmeno la prima volta che il clamore dei primi momenti si traduce col tempo in un sommesso brusio appena percettibile. Ma è importante che questo sussurro non cessi, che la memoria collettiva continui ad essere alimentata e che i fatti del 2001 non diventino, fra dieci o venti anni, solo l’occasione per la celebrazione di un anniversario.

Pepsy

[*] Vedi Umanità Nova n.7 del 29/2/04, n.6 del 20/2/05, n.24 del 3/7/05, n.10 del 19/3/06. L’articolo si basa principalmente sulle informazioni pubblicate sul sito www.supportolegale.org al quale rimandiamo per maggiori dettagli.


Umanità Nova n.22 del 25 giugno 2007

Alti ufficiali e bassa macelleria

I tutori dell’ordine pubblico, di qualsiasi tipo e grado, hanno tutti una caratteristica in comune che si manifesta quando sono sul banco di un tribunale. Si tratta della loro alta professionalità nel confessare di non ricordare gli avvenimenti che li hanno visti protagonisti, di non sapere cosa abbiano fatto i loro colleghi, di non aver visto neppure quello che avevano sotto il naso o di contare meno di un semplice appuntato nella catena di comando.

Prendiamo, ad esempio, le dichiarazioni di chi era a capo delle squadre che parteciparono al massacro nella Scuola Diaz (Genova 21 luglio 2001): tutti erano contrari a quella azione e tutti vi parteciparono, tutti comandavano uno dei tanti reparti che massacrarono un centinaio di persone inermi e nessuno ammette che i “propri” uomini picchiarono a sangue chi stava dormendo. Tutti sono pronti a giurare di aver fatto del loro meglio per fermare il massacro, ma non ricordano chi lo ha ordinato o chi lo stava portando a termine. In questo senso, la testimonianza del comandante della mobile Michelangelo Fournier [1] e l’intervista al questore Vincenzo Canterini [2] valgono, da sole, più di tutti i volantini e gli articoli pubblicati in questi sei anni per spiegare cosa accadde quella notte. Il primo premio dovrebbe andare a chi ha definito “colluttazioni unilaterali” (sic!) i pestaggi [3].

La scorsa settimana politici e giornalisti si sono improvvisamente accorti che tutte le “verità” raccontate, dal 2001, da tutti i responsabili dell’ordine pubblico a proposito del massacro della Diaz erano delle vergognose bugie. Come se nessuno avesse mai visto le immagini registrate quella notte, che mostravano la lunga fila di compagni e compagne portati fuori dalla scuola con i segni della democrazia ben impressi sulla loro pelle. Come se nessuno avesse mai visto i muri ed i pavimenti della scuola imbrattati di sangue, come se nessuno avesse mai visto la conferenza stampa del giorno dopo, quando i funzionari mostrarono le “armi” sequestrate, comprese le molotov portate all’interno della scuola dagli agenti.

Adesso i politici invocano una “Commissione di inchiesta”, dimenticando che già nel settembre del 2001 fu istituito un “Comitato Paritetico per un’indagine conoscitiva sui fatti di Genova”, formato da 18 deputati e 18 senatori, che si concluse con tre relazioni diverse: una della maggioranza, una dell’Ulivo e una del Prc. Un Comitato che interrogò ministri, sindaci, portavoce del movimento e davanti al quale iniziò già il balletto dello scaricabarile a partire proprio dal vertice: “Il ministro dell’interno è l’autorità nazionale di pubblica sicurezza, ma non è il responsabile tecnico operativo dell’ordine pubblico.” (dall’audizione di C. Scajola, Ministro degli Interni).

Una “Commissione di inchiesta” oggi non avrebbe un risultato molto diverso.

In questi giorni, uno dei processi relativi ai fatti di Genova, quello contro 25 compagni accusati di gravi reati, si avvia alla conclusione e dopo l’estate potrebbe già arrivare la sentenza. In questo caso, la memoria dei tutori dell’ordine ha funzionato benissimo quando si è trattato di riconoscere questo o quel manifestante. Siamo pronti a scommettere che, nel caso del processo per le violenze, anche quelle ben note e documentate, subite nella caserma di Bolzaneto dai fermati durante le manifestazioni, la memoria degli agenti diventerà improvvisamente più labile e meno sicura. E magari qualcuno proporrà una ulteriore “Commissione di inchiesta”…

Stando a quanto si legge sui giornali [4], Michelangelo Fournier era in piazza a Roma il 9 giugno scorso quando sono state arrestate alcune persone al termine del corteo contro la visita di Bush. Alcuni degli arrestati hanno dichiarato di essere stati picchiati a freddo dagli agenti. Per sapere come sono andate veramente le cose basterà aspettare il 2013. Invece Vincenzo Canterini si trova a Bucarest, presso l’Interpol, ad occuparsi di traffico di organi [5], evidentemente l’esperienza conta.

I più maligni [6] sospettano che tutto il polverone sollevato, da racconti che non aggiungono nulla di nuovo alla verità storica, sia solo un episodio nel processo di cambiamento al vertice della polizia, che vedrebbe l’uscita di Gianni De Gennaro (più volte chiamato in causa a proposito di Genova) e la nomina di Antonio Manganelli. Qualsiasi ironia sul cognome sarebbe fuori luogo, specialmente se si pensa che il summit dei G8 nel 2009 si terrà, di nuovo, in Italia.

Pepsy

Note

[1] Vedi http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=3233&sez=HOME_INITALIA
[2] Vedi http://www.repubblica.it/2007/06/sezioni/cronaca/g8-genova/parla-canterini/parla-canterini.html
[3] Vedi http://www.diario.it/home_diario.php?page=wl07061401
[4] Vedi http://www.ilsecoloxix.it/genova/view.php?DIR=/genova/documenti/2007/06/15/&CODE=5986e30c-1b0a-11dc-bfac-0003badbebe4
[5] Vedi articoli citato nella nota 2.
[6] Vedi http://www.ilvelino.it/articolo.php?Id=372171


Umanità Nova n.33 del 21 ottobre 2007

Genova 2001. La parola all’accusa

Al processo in corso a Genova contro 25 compagni accusati di “devastazione e saccheggio” è arrivato il momento dell’accusa. Secondo il PM non ci fu alcuna “caccia a manifestanti inermi, perché il corteo di Via Tolemaide non era composto da pacifisti ma da persone che avevano scelto deliberatamente di contrapporsi alle forze dell’ordine, non si stavano difendendo né erano in pericolo di vita.” (cfr. Corriere della Sera, 10/10/07)
Questa, in estrema sintesi, la tesi dell’accusa che nel corso di tre udienze ha presentato una ricostruzione degli avvenimenti del 21 luglio 2001 con estremo dettaglio quando si è trattato di episodi che hanno visto protagonisti i manifestanti e con maggiore disinvoltura quando si è trattato delle violenze compiute da polizia e carabinieri su persone inermi e indifese. I primi sarebbero la prova che tutti i manifestanti erano violenti, le seconde che c’è stato qualche eccesso da parte delle forze dell’ordine, ma che questo andrebbe giudicato a parte. Ma dove? Forse in un contesto nel quale, siamo sicuri che, le migliaia di foto ed i filmati che hanno permesso di individuare 25 colpevoli in mezzo ai manifestanti non sarebbero in grado di portare all’identificazione di un solo agente.

Stesso discorso si è sentito a proposito dell’uso – da parte degli agenti – di gas pericolosi, di spranghe di ferro o di altre armi fuori ordinanza. Il PM non nega che determinati episodi siano avvenuti, sarebbe davvero difficile farlo, ma sostiene che tali episodi non hanno rilevanza in questo processo e che dovrebbero essere affrontati in, tanto per cambiare, altre sedi.

Come si può capire leggendo le trascrizioni delle udienze pubblicate sul sito di “supporto legale” (http://www.supportolegale.org), quella che viene fatta dall’accusa è una “ricostruzione a metà” di quanto accaduto, come se a partecipare agli scontri fossero stati solo i manifestanti, come se i colpi di pistola sparati, gli inseguimenti ed i pestaggi fossero sempre “altra cosa”, della quale non ci si debba occupare.

Prendiamo le telefonate al 113, portate ad esempio del clima di paura che si sarebbe diffusa in quelle ore in parte dei cittadini genovesi, e che sono state anche trasmesse in tv, dove però abbiamo sentito anche, per restare nello stesso ambito, le espressioni di gioia di una agente alla notizia della morte di Carlo Giuliani. Giusto per chiarire il “clima” esistente fra le forze dell’ordine.

Ridurre tutto quanto è accaduto in quelle giornate alle azioni di una o più persone è qualcosa che contrasta con la pretesa di fornire una ricostruzione “oggettiva” degli avvenimenti, come se fosse possibile isolare il comportamento degli accusati da tutto quello che stava avvenendo intorno a loro.

Prosegue anche il processo per l’assalto alla Scuola Diaz, ritornato recentemente sulle prime pagine dei media in occasione delle polemiche sulla “macelleria messicana”. In questo caso ad essere sul banco degli imputati sono gli agenti, magari proprio gli stessi che durante gli avvenimenti relativi al processo ai 25 si sono distinti nella gestione dell’ordine pubblico. Un procedimento che va avanti soprattutto a “colpi di mano” procedurali e che rischia di finire, ma non ci sarebbe da meravigliarsi, in un nulla di fatto.

Ancora in corso, siamo a 150 udienze, il processo contro altri agenti delle forze dell’ordine imputati delle violenze commesse contro i manifestanti fermati e rinchiusi a Bolzaneto, che prosegue con l’interrogatorio degli accusati. Mentre a Cosenza, il processo al “Sud Ribelle”, 13 compagni accusati di “cospirazione”, è ripreso a fine settembre e si trascina tra il disinteresse generale verso la conclusione prevista nella primavera del 2008.

Si avvicina, per molti di questi procedimenti il momento della conclusione di un percorso giudiziario, lungo, poco interessante dal punto di vista mediatico ma, ed è questo il punto dolente, anche poco partecipato da molti di quelli che in quei giorni di Genova erano in piazza. Il bilancio finale dovrà tenere presente anche questo.

Pepsy