Archivi categoria: Patafisica

La scienza delle soluzioni immaginarie

Che caldo che fà… zum-zum pà-pà

Chiamatelo trend topic se proprio non potete farne a meno o come preferite ma in questi giorni si parla e si scrive molto di caldo. Nell’interessante dibattito si dibatte (la scelta del verbo è voluta) tra coloro che ritengono le temperature di questi giorni superiori a quelle che di solito si registrano in estate e coloro che invece ritengono che esse rientrino all’interno di quelle caratteristiche dell’estate. Ma questa è solo la punta dell’iceberg (la scelta dell’esempio è voluta) in quanto il sottofondo, esplicitato o meno che sia, riguarda la questione dei cambiamenti climatici, altro argomento a lungo dibattutto. Per cui, quasi sempre, da una parte si schierano coloro che sono convinti che si vada verso una inevitabile catastrofe ecologica e dall’altre chi invece ritiene che tale previsione sia esagerata. Come risulta chiaro quindi la discussione sulle temperature trascende le chiacchiere da apericena o da social cosi.

Avendo un approccio alla vita strattamente legato al buon senso (che non è la stessa cosa del senso comune) volevo fare un semplice raffronto tra le temperature registrate in questi giorni e quelle registrate negli ultimi anni limitandomi a prendere in considerazione esclusivamente i dati relativi alla città dove vivo. Il mio buon senso mi dice che prendendo in considerazione le temperature relative a una città si può avere, almeno indicativamente, anche un’idea di cosa succede nelle vicinanze. Non essendo un esperto in campo meteorologico ho pensato di recuperare i dati necessari da una fonte autorevole (nella materia) quale dovrebbe essere il servizio meteo dell’Aeronautica Militare italiana. Qui ci andrebbe bene una digressione sul fatto che da piccolo le previsioni del tempo me le leggeva in televisione un simpatico colonnello ma a quei tempi il mio antimilitarismo lasciava molto a desiderare, per cui mi limito a chiarire che preferirei i dati raccolti da militari a quelli registrati dai dipendenti di una qualche società che insieme alle previsioni fornite dalla sua immancabile app ti vende di tutto, questo perché da grande il mio anticapitalismo è ancora vivo. Mi collego quindi al sito dell’AM, che non è certo il massimo dal punto di vista dell’accessibilità e dell’usabilità, dove scopro che i dati cercati sono (probabilmente) disponibili ma a pagamento.

Qui ci andrebbe una digressione (ancora!) sul fatto che l’AM viene finanziata da chi paga le tasse e che quindi chi ha raccolto i dati è stato già pagato dai contribuenti per fare quel lavoro ma, nonostante questo, se un cittadino volesse leggere i dati raccolti dovrebbe pagare (di nuovo…) per poterlo fare. A questo punto il collegamento tra il mio antimilitarismo e il mio anticapitalismo consolida il suo legame anche nel contesto delle temperature registrate. La cosa è confortante.

Cercando ancora quei miseri dati che vorrei scopro che:

– l’ISTAT fornisce, a gratis, i dati sulle “temperature medie” del 109 capoluoghi di provincia italiani, il file non si apre correttamente usando Libre Office in quanto contiene troppe righe;

– che esiste una simpatica mappa (https://climatechange.europeandatajournalism.eu/en/map) dell’Europa dove, inserendo il nome della città (anche piccola) ti compare un numero che indica di quanto è mediamente aumentata (o diminuita) la temperatura. Correttamente chi ha creato la mappa avverte che i dati sui quali si basa sono “stimati” il che vuol dire che non sono reali;

– che il progetto open data creato anni fa dal Governo italiano è sempre più imbarazzante;

– che spesso si fa riferimento riportando dei dati a “temperature medie” che non mi quadra perché si tratta piuttosto di “media delle temperature”.

Il tempo che avevo deciso di dedicare a questa cerca è trascorso senza successo ma ho imparato alcune cose e ne avrò dimenticate altrettante.

Adesso vado a fare una doccia perché fa caldo, a prescindere.

Lassù nel Montana…

Tutte le volte che sento o leggo la parola “Montana” mi viene immediatamente in mente una vecchia pubblicità televisiva il cui spot iniziava appunto con una canzoncina che faceva così: “Laggiù nel Montana / tra mandrie e cowboy / c’è sempre qualcuno / di troppo tra noi…”.

Lo spot si trova facilmente in Rete e quindi non mi dilungo oltre, aggiungo solo che – non essendo mai stato nel Montana – mi ero fatto l’idea che fosse un posto ancora selvaggio anche grazie alle storie della pubblicità e alla scoperta che un altro mito dell’infanzia, il Parco di Yellowstone, fosse proprio collocato da quelle parti. Fine della distrazione iniziale.

La scorsa settimana i legislatori del Montana hanno approvato una proposta di legge (qui il testo) con la quale si rende illecito consentire agli abitanti di quello stato la possibilità di scaricare una nota applicazione chiamata “TikTok”. Già recentemente era già stato vietato ai dipendenti pubblici del Montana di installare la suddetta app sui cellulari di servizio. La legge, approvata, adesso deve essere firmata dal Governatore per diventare applicabile.

Ci sono alcune cose nel testo di legge che mostrano alcuni aspetti della società statunitense, o almeno di quella del Montana, interessanti:

– la legge non vieta di installare l’applicazione o di usarla, per cui chi la usa e/o l’ha già installata non ha di che preoccuparsi;

– la legge non vieta nemmeno ai Provider di bloccare l’uso dell’applicazione per chi si trova nei confini dello stato;

– la legge vieta solo ai fornitori di contenuti di mettere a disposizione per chi si trova nei confini dello stato un link per scaricare il programma;

– chi viola la legge incorrerà in una multa di 10 mila dollari in prima istanza e altri 10 mila per ogni giorno successivo nel caso la violazione prosegua.

La decisione, come chiaramente espresso nei preliminari del testo di legge, è stata presa per difendere la privacy dei cittadini del Montana dallo spionaggio a favore del Partito Comunista Cinese al quale (come è noto) vengono inviati i dati carpiti subdolamente dall’applicazione:

“TikTok’s stealing of information and data from users and its ability to share that data with the Chinese Communist Party unacceptably infringes on Montana’s right to privacy;

Anche leggendo il testo della legge non è molto chiaro come sarà possibile applicarla, dal prossimo 1 gennaio 2024.

Quello descritto è uno dei, ormai, tantissimi esempi di come ancora ci siano (e non solo “laggiù nel Montana…”) legislatori e politici che non hanno ben compreso come funziona la Rete e continuano a rapportarsi in modo completamente ridicolo e inadeguato a problemi anche seri, come per esempio il fatto che (praticamente) tutte le applicazioni archiviano dati personali più o meno a insaputa delle persone che le usano.

Già nei primi mesi di quest’anno si sono diffuse notizie sul divieto, imposto da alcuni governi dell’Unione Europea, di usare il programma in questione sui telefonini di servizio dei dipendenti pubblici e, naturalmente, anche in Italia sono circolate voci su un possibile divieto.

Bisogna solo sperare che i politici nostrani non vengano a conoscenza della legge del Montana in quanto ci sarebbe sicuramente qualcun* che proporrebbe di adottarla anche qui.

 

 

 

Giochi di guerra

Nella maggior parte dei giochi tradizionali, di carte, da tavolo o di altro tipo, alla fine della partita c’è un solo vincitore, tutti gli altri partecipanti perdono o al massimo è possibile che si verifichi un pareggio: nessuno vince, nessuno perde. Alcuni giochi fanno eccezione a questa regola generale in quanto, una volta terminata la partita, per individuare vincitori e perdenti deve essere presa in considerazione la situazione finale nella quale si trovano i giocatori. In questi casi nei manuali di quei giochi vengono descritti i diversi “scenari” finali possibili. Per cui ci possono essere vittorie o sconfitte di misura o travolgenti, vittorie o sconfitte condivise e tutto un altro insieme di risultati finali che dipendono dal tipo di gioco e dalle sue regole. Non è certo un caso che molti “giochi di simulazione bellica” rientrano in questa categoria.

Il conflitto in corso da più di un anno in Ucraina ha prodotto analisi di tutti i tipi e ipotesi su come finirà il confronto, probabilmente però nessuno sarebbe disposto a scommettere la sua testa su qualcuna di queste. In questo senso la domanda “è possibile prevedere come andrà a finire?” resta, di solito, senza una risposta. Eppure, anche senza scomodare le onnipresenti e noiose teorie “geopolitiche”, le variabili economiche e le dotte analisi che si basano su ideologie vecchie e nuove, forse è possibile prevedere già da ora quello che potrebbe accadere entro un lasso di tempo non troppo lungo. Basta, semplicemente, coprire tutti i possibili “finali”, proprio come succede nei manuali dei giochi citati all’inizio. Quello che segue è quindi un tentativo di descrivere tutte le situazioni finali possibili, un elenco dal quale sono state escluse solo quelle praticamente impossibili anche se magari sarebbero proprio quelle che preferiamo.

Gli scenari finali possibili sono pochi e li elenchiamo di seguito, in modo non ordinato, lo scriviamo a esclusivo beneficio degli appassionati di “retro-pensiero”.

La prima possibilità è che la Federazione Russa vinca lo scontro, questa vittoria potrebbe avvenire in due modi:

1. Si potrebbe trattare di una vittoria totale, vale a dire una vittoria che vedrebbe la completa sconfitta dell’esercito ucraino e la conseguente occupazione di tutto il territorio nazionale. In questo caso probabilmente verrebbe insediato in Ucraina un Governo “amico” e create nel paese delle installazioni militari russe permanenti al fine di prevenire che in futuro ci siano altri problemi. Il Governo di Mosca guadagnerebbe qualche punto di popolarità interna e la NATO inizierebbe a spostare armamenti e truppe ai confini dell’Ucraina russificata al fine di evitare che vengano tentate altre annessioni.

2. Si potrebbe verificare una vittoria parziale della Federazione Russa, che vedrebbe alla fine delle ostilità la divisione del territorio ucraino in due o più parti. Alcune di queste saldamente in mano all’esercito russo e altre a quello ucraino. Questa situazione potrebbe portare a una separazione più o meno stabile tra le due parti oppure a una situazione di tregua armata più o meno permanente, in pratica si verrebbe a creare una polveriera sempre pronta a esplodere alla prima occasione. In ogni caso la NATO e la Federazione Russa dovrebbero, per ragioni fin troppo ovvie, continuare ad accumulare armi e truppe nelle rispettive zone occupate per mantenere – come minimo – lo status quo.

La seconda possibilità è speculare alla prima, in questo caso lo scontro sarebbe vinto dall’Ucraina, anche in questo caso la vittoria potrebbe avvenire in due modi::

3. Potrebbe essere una vittoria totale, che veda la disfatta completa dell’esercito russo e la sua cacciata da tutto il territorio nazionale, regione del Donbass e Crimea comprese. Il Governo di Mosca probabilmente entrerebbe in crisi, il che potrebbe avere anche delle conseguenze imprevedibili per la Federazione Russa e non solo per essa. In ogni caso la NATO dovrebbe necessariamente continuare ad armare l’esercito ucraino e probabilmente creare delle basi militari permanenti nel paese per prevenire che in futuro avvengano altri tentativi di invasione.

4. Potrebbe invece avvenire che, alla fine delle ostilità con la ritirata della maggior parte delle truppe russe che hanno invaso il paese, restino ancora in piedi l’occupazione della regione del Donbass, della Crimea o di altre zone; in pratica con un ritorno alla situazione esistente prima dell’invasione. In questo scenario la NATO dovrebbe necessariamente continuare ad armare l’esercito ucraino e probabilmente creare delle basi militari nel paese per poter reagire velocemente a eventuali nuove minacce russe. Dall’altra parte il Governo di Mosca, a parte i problemi interni che si troverebbe a dover affrontare con il fallimento dell’invasione, non potrebbe certo smobilitare completamente uomini e armi.

La terza possibilità è che lo scontro continui per molto tempo senza risolversi con la vittoria (completa o parziale) di uno dei due contendenti ma assuma un carattere “di stallo permanente”:

5. Questo è uno scenario già descritto sopra, in 2 e 4. Una situazione nella quale, almeno a breve e medio termine, nessuna delle due parti riesce a prevalere definitivamente sull’altra. Anche in questo caso, come in tutti quelli precedenti, diventerebbe indispensabile un flusso continuo di armi diretto a entrambe le parti in causa.

La quarta e ultima possibilità è che lo scontro si allarghi:

6. Questo scenario prevede che i combattimenti inizino a coinvolgere direttamente anche i paesi limitrofi in una escalation che potrebbe portare anche a una “terza guerra mondiale”. Nel caso di una generalizzazione dello scontro si aprirebbero una quantità di scenari praticamente impossibili da prevedere e quindi ci limiteremo ad affermare che questo sarebbe sicuramente il peggiore di tutti gli scenari possibili. E sarebbe, naturalmente, quello che vedrebbe il maggior spiegamento di armamenti in assoluto.

Come si vede ci sono solo sei scenari possibili, anche se con “sfumature” che potrebbero essere molto più numerose di quelle che sono state descritte in modo alquanto rozzo. Ma, in definitiva, gli scenari si possono ridurre sostanzialmente a quattro: due sono quelli che prevedono la completa vittoria di una delle due parti un terzo che invece prevede la cristallizzazione della situazione in una instabilità nella quale possono prevalere – di volta in volta – gli scontri armati e/o le tregue. Il quarto prevede l’innesco di una catastrofe globale.

Una delle considerazioni finali che si possono fare con poche possibilità di smentita è che, qualsiasi sia lo scenario (tra quelli descritti) che prevalga questo comporterà necessariamente un aumento della concentrazione di armi ed eserciti in quella zona. In alcuni casi questo aumento potrebbe essere maggiore che in altri ma in nessun caso, comunque vada a finire, si avrebbe una sua diminuzione e quindi l’invio di armi proseguirebbe o addirittura aumenterebbe rispetto alla situazione attuale.

Una situazione che non potrebbe cambiare, sicuramente non a breve o medio termine, e che non sarebbe in alcun modo influenzata da quello che realmente accade sul campo: chiunque vinca, chiunque perda, qualsiasi sia la situazione nella quale si verrebbe a trovare quel territorio nei prossimi mesi o anni.

Le uniche a vincere sempre sarebbero le imprese che producono armi e gli Stati che fanno dell’industria militare e degli eserciti un elemento fondamentale del loro potere. Gli stessi che oggi dicono di voler aiutare l’Ucraina a difendersi dall’invasione.

La lotta contro le industrie militari e gli eserciti resta quindi l’unico obiettivo da perseguire per chi non vuole un futuro di guerra; l’invio di armi e il sostegno ai governi continuano a essere sostanzialmente un incentivo a continuare una politica basata sulla guerra. Credere che il sostegno armato a una qualsiasi delle parti in causa possa essere funzionale alla fine di un conflitto o che conduca a un mondo migliore è come credere alla Befana. Far credere che il sostegno armato a una qualsiasi delle parti in causa sia l’unico modo a far cessare la guerra è solo propaganda a favore degli Stati, degli eserciti, dei costruttori e dei commercianti di armi.